Nei panni di Zaff, ovvero trovarsi bene “nei panni dell’altro”

Nei panni di Zaff è un albo illustrato, censurato a Venezia e in Lombardia, che spiega ai bambini il tema delicato della libertà di esprimere se stessi

La copertina dell'albo illustrato "Nei panni di Zaff" (www.cataniapride.com)

La copertina dell’albo illustrato “Nei panni di Zaff” (www.cataniapride.com)

Per la consueta rubrica di WakeUpNews dedicata ai piccoli lettori abbiamo scelto un albo illustrato, coloratissimo, che si può leggere ad alta voce ai bambini a partire dai quattro anni. Ma per la lettura di questo libretto non c’è un limite d’età: l’unico limite è stato imposto dalla censura. Si tratta infatti di uno dei libri messi al bando dal sindaco di Venezia e, di recente, dalla dirigenza della Regione Lombardia che ne hanno vietato la lettura nelle scuole, a partire dalla scuola dell’infanzia. Il libro s’intitola Nei panni di Zaff. Il testo è stato scritto da Manuela Salvi e le illustrazioni sono state disegnate da Francesca Cavallaro.

NEI PANNI DI ZAFF, OVVERO TROVARSI BENE NEI PANNI DELL’ALTRO – Nella quarta di copertina dell’albo si trovano, espliciti, il senso e l’obiettivo del libretto: «Questo libro […] affronta un tema delicato: quello della discriminazione cui spesso vengono fatti oggetto i bambini che si trovano bene nei “panni dell’altro”. Avviene spesso che il maschietto voglia vestirsi da bambina e giochi con le bambole sognando di fare la ballerina o che la bimba voglia vestirsi da maschio e sogni di fare il calciatore. In questi casi può avvenire che si creino nel gruppo dei coetanei situazioni di canzonature e di emarginazione, e negli adulti sensazioni di imbarazzo o di allarme che rischiano di interferire con la libertà d’espressione di cui i bambini hanno bisogno per riconoscersi e accettarsi. Questo libro, che parla ai bambini con il loro linguaggio della libera esplorazione della propria identità e del rispetto di quella dei compagni, è anche un invito agli adulti perché ne accompagnino senza ansia la crescita».

La storia raccontata è molto semplice: Zaff è un maschio e fa il portiere in una squadra di calcio ma il suo sogno è quello di fare la principessa. I suoi amici si stupiscono di questo suo desiderio e gli dicono che «le principesse non hanno il pisello. Dormono su 20 cuscini e 20 materassi, vanno a caccia di principi azzurri, indossano scomodissime scarpine di vetro ma non hanno il pisello». A Zaff, però, questo non interessa e continua a indossare la corona e a sognare di diventare una principessa. Anzi, se proprio il fatto di avere il pisello dà così fastidio agli altri, Zaff dichiara che lo nasconderà sotto le gonne, i pizzi e i fiocchi. A sentirgli dire così i suoi amici restano sbalorditi e poi cominciano a dirgli che è proprio un tipo strano, uno fuori di testa, un anormale, un alieno, un gay.

(www.edizionidelborgo.it)

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Ma Zaff ribadisce: «Veramente, io ve l’ho detto cosa sono, inizia con la P». A questo punto, gli altri bambini iniziano a guardare Zaff «come se fosse un mostro peloso a 8 zampe». E a Zaff è venuto da piangere. Ma in suo soccorso è arrivata una voce urlante, che ha fatto zittire tutti quanti. È la principessa sul pisello che, isterica, urla a destra e a manca che non ce la fa più, che sono 200 anni che fa la principessa e sinceramente è stufa marcia. In realtà, vorrebbe fare il portiere della squadra di calcio. Detto, fatto: si sfila il vestito di merletti e fili d’oro e lo consegna a Zaff dicendogli: «Sarai la principessa COL pisello, e che nessuno fiati». E in effetti non si udì volare una mosca.

Zaff allora indossa il vestito, la principessa infila le scarpe con i tacchetti da calciatore e, insieme, scoprono il segreto per vivere per sempre felici e contenti: essere ciò che sentivano di essere, senza vergognarsene mai. Agli altri bambini ci pensò la Fata Turchina, giunta sul luogo per l’occasione, facendo un incantesimo dopo il quale «nessuno ebbe più voglia di impicciarsi dei fatti degli altri».

RIFLESSIONI – Oltre a non avere a portata di mano una Fata Turchina che faccia un incantesimo, il problema fondamentale è che in questi casi, soprattutto a scuola ma anche in famiglia, gli adulti si imbarazzano profondamente, in qualche caso si allarmano, e intervengono erroneamente, facendo pensare ai bambini che quei comportamenti, quei gesti, sono in qualche modo sbagliati senza peraltro spiegare loro in che cosa consisterebbe “lo sbaglio”. Quello che molto spesso si dimentica, però, è che la differenza tra maschi e femmine non è innata, ma frutto di condizionamenti sociali e culturali. Non stiamo affatto parlando delle differenze biologiche tra maschio e femmina, ma delle differenze nei comportamenti, nei giochi, negli abiti, persino nei colori. È come avere un destino preconfezionato, nel quale il rosa e le paillettes sono di dominio esclusivamente femminile, mentre il blu e la forza muscolare sono solo dei maschi.

Nei bambini la tendenza a giocare è sicuramente innata, ma i modi in cui il gioco si esprime, le sue regole, i suoi oggetti sono il prodotto di una cultura. E infatti nei negozi di giocattoli si trovano due reparti separati: da un lato calcetti balilla da tavolo, camion, macchinine, moto, attrezzi da lavoro, modellini di aerei, maschere da supereroi rigorosamente blu, azzurri, neri, a volte rossi, gialli, arancioni. Dall’altro assi da stiro, lavatrici in miniatura, passeggini, bambole, trucchi, barbie, diari segreti, smalti per unghie, kit da principesse con tanto di sandali col tacco. Tutto rosa o fucsia o viola. Ma perché?

(www.nextquotidiano.it)

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Molto più spesso di quanto crediamo i maschietti vogliono provare a vestirsi da femmina e a giocare con i giochi da femmina e viceversa. Se permettiamo loro di farlo, di trovare loro stessi e la loro personalità attraverso esperienze di gioco non condizionato, potrebbero crescere persone sane, oneste, senza pregiudizi, senza destini preconfezionati. E forse il mondo diventerebbe un posto migliore.

Mariangela Campo

@MariCampo81

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