Manifestazione Cgil: non per i lavoratori ma contro Renzi

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Come tutti sanno, oggi la Cgil scenderà in piazza contro i provvedimenti presi dal Governo Renzi. Sindacalisti e dissidenti del Partito Democratico si riempiranno la bocca con parole come «lavoratori», «diritti» e cose del genere. Ma se ci sono delle cose che non interessano minimamente alla Cgil, queste sono proprio i lavoratori e i loro diritti.

BEI TEMPI ANDATI - Quella che andrà in scena nella giornata di oggi non sarà altro che attività di lobbying. Fino all’8 dicembre 2013 la Cgil era un soggetto con cui il Partito Democratico prendeva le decisioni più importanti. Era, seppur non ufficialmente, un’associazione interna al Pd. Se si hanno dei dubbi a questo proposito, basti ricordare a chi si rivolse il Pd dopo la bufera dei 101 franchi tiratori che impedirono a Romano Prodi di diventare Presidente della Repubblica. Si sta parlando, ovviamente, di Guglielmo Epifani. Il quale ha ricoperto la carica di segretario generale della Cgil dal 2002 al 2010 ed è stato segretario del Partito Democratico nel momento di transizione in cui si doveva mettere d’accordo tutte le correnti interne. E chi poteva farlo meglio di un ex sindacalista della Cgil?

LOTTA DI POTERE - Poi ci furono le primarie dell’anno scorso, e vinse Matteo Renzi che spinse la Cgil, per la prima volta nella storia d’Italia, fuori dal principale partito di centrosinistra. E la Camusso sapeva benissimo che sarebbe successo questo. Il giorno delle primarie fra Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci la Camusso disse di aver votato Bersani perché la vittoria di Matteo Renzi avrebbe rappresentato «certamente un problema». Ma non tanto un problema per gli italiani o per i lavoratori, ma un problema per lei e per la Cgil. Perché la Cgil non avrebbe più contato praticamente niente. Cosa che è poi effettivamente successa. Si tratta di una lotta di potere, niente di più, niente di meno. Altro che i diritti dei lavoratori. La Camusso nel 2012 votò Bersani e oggi continua a prendersela con il presidente del Consiglio non perché gli anti-renziani rappresentano chissà quali ideali, ma perché con loro al Governo sarebbero state prese le decisioni suggerite dalla Cgil.

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DOVE ERANO PRIMA? - Tutto questo è ancora più palese con i dissidenti del Partito Democratico. Loro scenderanno in piazza perché con un altro presidente del Consiglio probabilmente avrebbero avuto incarichi più importanti. È una battaglia esclusivamente contro Renzi. A testimoniarlo è un dato estremamente interessante di openpolis.it. Il quale ha scoperto che «da quando si è insediato l’esecutivo guidato da Matteo Renzi sono aumentati notevolmente i voti ribelli all’interno del Partito Democratico». Peccato che prima del Governo Renzi ci fosse l’esecutivo guidato da Enrico Letta, il quale poteva contare sulla stessa identica maggioranza del Governo Renzi. Anzi, Letta all’inizio aveva il sostegno perfino dello storico nemico del centrosinistra: Silvio Berlusconi. Continua openpolis: «L’81% dei loro voti ribelli è infatti avvenuto dopo l’arrivo di Matteo Renzi, con alcuni Senatori, vedi Renato Guerino Turano, che durante il Governo Letta avevo votato in disaccordo con il partito solo 2 volte, e dopo ben 142. Sul podio vanno Lucrezia Ricchiuti, con 214 voti ribelli dal Governo Renzi in poi, Walter Tocci, 183 e Maria Grazia Gatti. Per tutti i tre trattasi soprattutto di ribellioni post-Letta, dei loro 693 voti in disaccordo con il Partito Democratico infatti, ben 579 sono avvenuti con il Governo Renzi (83,55%)». Quella della minoranza del Pd e della Cgil è una guerra non per far ottenere più diritti ai lavoratori, ma un preteso per andare contro Renzi. Punto (come sempre ci sono le dovute eccezioni. Civati non apprezzava Letta e neanche Renzi). Se non ci fosse stata la riforma del mercato del lavoro, si sarebbero inventati qualcos’altro per andare in piazza e prendersela con l’ex sindaco di Firenze. Chi ha della politica una visione romantica probabilmente farà fatica ad accettarlo, ma la realtà è molto più cinica di quello che sembra.

Oggi sindacalisti e politici faranno i belli davanti alle telecamera parlando dei lavoratori. Ma il loro scopo non è quello di aiutare chi è in difficoltà, ma far fuori Renzi. Se ci riusciranno nessuno può dirlo. L’unica cosa sicura è che la disonestà intellettuale oggi andrà molto di moda.

Giacomo Cangi

@GiacomoCangi

foto: diellemagazine.files.wordpress.com; lintraprendente.it

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