
Lotta armata, malcontenti popolari e movimenti antipolitica: la cecità della casta
Roma – Un urlo trasversale che passa attraverso due continenti. Decine i Paesi interessati. Milioni i cittadini coinvolti. In piena crisi mondiale, che per quanto riguarda ”l’Occidente” non è solo economica ma anche sociale, sono tanti i gruppi e i movimenti che in quest’ultimo periodo hanno manifestato, e continuano a farlo, per chiedere un cambiamento politico – sociale – economico. Pacifismo o lotta armata? Il dilemma non è di facile soluzione. C’è chi riscopre il vezzo delle manifestazioni stile anni ’60 – ’70 (quando si gridava peace and love, facciamo l’amore e non la guerra), come gli Indignados spagnoli che il 13 maggio hanno festeggiato il primo anniversario del movimento. E chi preferisce imbracciare le armi e “gambizzare” coloro che vengono visti come l’icona del male, come hanno fatto i componenti del Fai, gruppo estremista tutto italiano. Due modi diversi per affrontare lo stesso problema: ossia il bisogno di un cambiamento radicale delle regole del gioco.
A Madrid sono stati oltre mille i manifestanti che hanno richiesto la liberazione di 18 persone arrestate dalla polizia per aver invaso la Puerta del Sol per festeggiare il primo anniversario del movimento degli “indignati”. Una manifestazione pacifica che però ha messo in allarme la classe politica. «Manifestiamo per difendere i nostri diritti e per questo siamo considerati terroristi: perché così tanti poliziotti? Siamo pacifici», ha detto Carolina Hermoso, 36 anni, dipendente statale. Nove persone sono state arrestate, ha dichiarato il ministero dell’Interno spagnolo, “per resistenza, disobbedienza e oltraggio alla polizia”. Ora sono state liberate ma hanno l’obbligo di comparire davanti a un giudice. Degli altri nove manifestanti non si sa ancora nulla.
E se le forze dell’ordine spagnole caricano e arrestano pacifici cittadini che manifestano per i propri diritti e chiedono di poter partecipare attivamente alla vita sociale del proprio paese, determinando nuove regole, che dire delle reazioni della classe politica italiana di fronte agli atti di violenza dei nuovi gruppi armati come quello del Fai? In questo caso gli indignati non sono i cittadini, ma le istituzioni. Discutibilissima la scelta di coloro che «Pur non amando la retorica violentista – come si legge nel volantino fatto recapitare al Corriere della Sera dal Fai – con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore». In questo caso è lotta ideologica, si imbracciano le armi contro il capitalismo, la scienza e lo sfruttamento del nostro pianeta. Ma che dire delle rappresaglie di centinaia di cittadini contro Equitalia? Un palese malcontento dei contribuenti italiani stanchi di pagare una crisi di cui non si sentono corresponsabili?
« Siamo già ai tempi supplementari – ha dichiarato il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini, al `Corriere della Sera` – ma possiamo ancora varare le riforme che rappresentano il minimo atto dovuto ai cittadini che invocano il cambiamento». Italiani sempre più poveri e classe politica sempre meno disposta a partecipare ai sacrifici che essa stessa ha richiesto ai propri cittadini. Uno scollamento tra classe dirigente e cittadini sempre più netto. Il sistema non regge più e far finta che il problema non esista o sminuirne la portata non fa altro che aumentare la tensione e gli scoppi di violenza. È da questa frattura che nascono i gruppi estremisti come il Fai e gli attacchi dei cittadini contro lo Stato. Due atteggiamenti diversi che hanno come obiettivo il cambiamento di regole del gioco inique e poco democratiche.
Il governo Monti, finora, ha tartassato i cittadini per arrivare, come richiesto dalla Ue, e in primo luogo dalla Germania, al pareggio di bilancio. Ma le tanto attese riforme strutturali e le realipolitiche per la crescita, non sono state ancora neanche lontanamente pensate e tanto meno discusse. Grillo e il suo Movimento 5 Stelle, comparso sull’arena politica nelle ultime elezioni del 6 maggio scorso, è l’altra faccia delle medaglia, quella politica, dell’indignazione popolare. Ma pur di non accettare il fatto che i cittadini italiani sono diventati anticasta e antipolitici e che vogliono, anzi pretendono, un rinnovamento radicale di tutta la politica italiana, i nostri rappresentanti disquisiscono se i grillini rappresentino o meno il malcontento del popolo. A questo punto viene da chiedersi se i politici italiani attendano una guerra civile per dare il via alle riforme tanto attese e necessarie. Chiosando Georges Pompidou che nei lontani anni ’60 affermò che: «Uno statista è un politico che pone se stesso a capo della nazione, mentre un politico è uno statista che pone la nazione al suo servizio», sembra naturale giungere alla conclusione che in Italia non esiste uno Statista-politico ma tanti politici-statisti.
Sabina Sestu
Foto: tg24.sky; corriere.it; cache2.allpostersimages
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