
Live report – Bob Dylan, Teatro degli Arcimboldi di Milano
Due ore di grande musica sabato 2 novembre a Milano: sul palco del Teatro degli Arcimboldi si è esibito l’immortale Bob Dylan, accompagnato dalla sua band. Una esibizione fuori dagli schemi per l’eterno cantautore statunitense, in tour in maniera quasi ininterrotta da vent’anni almeno. Dell’anno scorso la pubblicazione dell’ultimo album in studio, il buon Tempest, molto presente nella scaletta proposta dal cantautore di Duluth sabato sera: chi si aspettava infatti un Dylan in versione “menestrello” impegnato a cantare i classici del suo repertorio sarà sicuramente rimasto deluso. Molti i brani in scaletta tratti dalle ultime produzioni discografiche, con un occhio di riguardo appunto al recente Tempest, tra cui hanno brillato per qualità, intensità e resa Pay in Blood e Scarlet Town: Dylan si è presentato sul palco accompagnato dalla sua (ottima) band e ha rivisitato le canzoni rendendole spesso quasi irriconoscibili, ma donando loro una nuova forza vitale e un nuovo sapore, con arrangiamenti che hanno svariato molto, spaziando dal classico folk blues di matrice dylaniana al country, con punte quasi jazzistiche.
Un spazio in scaletta è stato ovviamente riservato alla proposizione di una piccola parte di quei classici che hanno reso famoso Bob Dylan in tutto il mondo, tra cui hanno spiccato una buona versione di Desolation Row, una stravolta Things Have Changed posta in apertura di concerto, e due estratti da Blood on the Tracks del 1975 (per chi scrive il miglior album della sua intera discografia) Tangled Up in Blue e Simple Twist of Fate. Chiusura di concerto affidata ad altri due classiconi come All Along the Watchtower e l’immortale Blowin’ in The Wind, anche quest’ultima in un arrangiamento pressoché irriconoscibile, allo stesso modo di tutti gli altri classici proposti durante la serata.
Dylan ha quindi optato per una scelta precisa, quella di proporre brani recenti. Una soluzione che avrà sicuramente reso infelici i fan della vecchia guardia, ma che a ben vedere risulta la scelta più azzeccata che il celebre cantautore potesse fare: un Dylan chitarra e voce che ripropone all’infinito i brani di 50 anni fa’ risulterebbe ridicolo, alla veneranda età di 72 anni. Il buon Zimmerman invece, considerando anche il suo odierno timbro vocale roco e consumato dagli anni e dalle sigarette fumate durante la sua vita, si orienta verso la proposizione di brani recenti con arrangiamenti inediti, coadiuvato dalla sua band – sempre precisa ed efficace – fornendo uno spettacolo profondo, coinvolgente e fuori dagli schemi.
Un pizzico di nostalgia c’è stata, quando al termine dell’esibizione ci si è resi conto di non averlo visto imbracciare la chitarra acustica nemmeno per un minuto, in favore di un maggior lavoro al pianoforte e all’armonica. In ogni caso la sensazione è stata quella di trovarsi di fronte ad un monumento della storia della musica che ha voglia di far conoscere le sue produzioni recenti, senza riproporre pedissequamente e ostinatamente quei classici che lo hanno reso immortale ma che potrebbero farlo sembrare la caricatura di se stesso. Probabilmente qui sta la grandezza di un artista del calibro di Bob Dylan: la perenne ricerca di nuove soluzioni musicali, di motivi, intenzioni, stili e umori, e l’attitudine a proseguire con costanza e onestà un percorso musicale in perenne evoluzione.
La scaletta del concerto:
1. Things Have Changed
2. She Belongs To Me
3. Beyond Here Lies Nothin’
4. What Good Am I?
5. Pay In Blood
6. Waiting For You
7. Duquesne Whistle
8. Tangled Up In Blue
9. Love Sick
10. High Water (For Charley Patton)
11. Simple Twist Of Fate
12. Desolation Row
13. Forgetful Heart
14. Spirit On The Water
15. Scarlet Town
16. Soon After Midnight
17. Long And Wasted Years
18. All Along The Watchtower
19. Blowin’ In The Wind
Alberto Staiz
Foto homepage: tio.ch