
L’Italia di Conte? Molto fumo e poco arrosto. Ed è scarsa
Il giorno dopo Italia - Croazia, i dubbi sono certezze. L'esordio contro l'Olanda è già dimenticato: l'Italia di Conte è scarsa, non (solo) per colpa sua
Avevamo gridato alla resurrezione troppo presto. La prestazione convincente della neonata Italia di Conte a Bari, contro un’Olanda ancora in estasi da terzo posto mondiale, è stata un fuoco di paglia. Lo 0-2 alla Norvegia targato Zaza-Bonucci aveva rinvigorito le speranze di nuovo ciclo e di un’Italia giovane ed operaia. Ma le vittorie più che sofferte contro Azerbaijan (risicato 2-1 made in Chiellini) e Malta (0-1), unite al sudato pareggio interno di ieri recitando la parte dell’underdog contro la Croazia hanno sollevato il tappeto e mostrato nuovamente la polvere: messi di fronte ad una squadra dai talenti altalenanti ma indiscutibili, gli azzurri si sono sciolti come neve al sole. E hanno rischiato a più riprese di capitolare. Perché, a prescindere dal lavoro appena iniziato in panchina da Antonio Conte, la nostra nazionale è inesorabilmente scarsa.
ONESTI PEDATORI, MA MANCA ESPERIENZA EUROPEA - Anni di politiche societarie scellerate in serie A, con la corsa al nome esotico e a discapito della valorizzazione dei vivai, stanno ora mietendo ora i propri frutti acerbi. Al netto delle (poche) assenze, se si vuole provare a scegliere il nome di un trascinatore tra gli XI azzurri in campo di ieri, o di un talento cristallino, si fa una gran fatica a non ricorrere al nome di quell’Andrea Pirlo ormai sul viale del tramonto calcistico, per motivi anagrafici e non di certo tecnici. Onesti pedatori del pallone come Candreva e Zaza hanno trovato posto in nazionale in virtù di buone prestazioni individuali in campionato, ma difettano del tutto di esperienza europea. I soli De Sciglio, El Shaarawy ed Immobile sembrano poter portare una ventata di aria fresca nella mefitica atmosfera post mondiale dell’Italia, ma i primi due fanno i conti con un Milan fuori dall’Europa – e quindi con l’impossibilità di misurarsi con avversarie di livello – mentre il volenteroso Ciro proverà a giocare la sua prima competizione da titolare in maglia azzurra quando avrà 26 anni. Non sarà vecchio, ma avrà alle spalle un paio di anni di Italia “maggiore” o poco più.
FORMULA CONTE: IL 3-5-2 NON FUNZIONA - Conte sta provando a riproporre il 3-5-2 che tante soddisfazioni gli diede alla Juventus, ma solo in campionato. Dimenticandosi di come lo stesso modulo sia stato sistematicamente preso a schiaffi in Champions League. Che è un po’ quello che è successo ieri a san Siro: con Candreva, De Rossi e Marchisio impegnati più a pestarsi i piedi che a creare, imbrigliati nelle trame del centrocampo croato. Incapaci di produrre gioco se non in ripartenza, al netto del lampo del laziale ad inizio partita. E i rincalzi, bontà loro, sono davvero poca roba. Conte è partito con tanto fumo ed annunci roboanti da sergente di ferro, ma dopo 5 partite si è già scontrato con la dura realtà dei fatti. Quella incarnata alla perfezione dall’1-7 con cui il Bayern Monaco ha schiantato la Roma in Champions, ma anche di una Juventus che suda 7 magliette per portare a casa un 3-2 interno contro l’Olympiacos. L’Italia ha voglia di riscatto, ma non ha basi solide su cui poggiare i tacchetti. Non ha talenti.
AAA CERCASI TALENTO - Il Balotelli perduto di Liverpool ha smesso anche di essere ancora di salvezza/valvola di sfogo. La sua dimensione psicologica e l’incapacità di essere collocato (ma anche di collocarsi) al posto giusto, lo hanno semplicemente fatto passare in secondo piano rispetto ai veri problemi del calcio italiano. Si chiedeva a Conte di accantonarlo dopo un mondiale da incubo: il ct lo ha fatto (all’inizio per scelta, ieri per infortunio), ma dai suoi rincalzi non è arrivata la gragnola di gol con cui si sarebbe dovuta legittimamente seppellire Azerbaijan e Malta. Il vice-Bonucci Ranocchia ha scontato ormai il bonus di “promessa”: a 26 anni è un discreto difensore, ma nulla di più. In panchina ci sono Rugani, Moretti (new entry in nazionale a 33 anni…), Pellè, Bertolacci, Soriano. Nessuno di loro sembra possedere i crismi anche solo passeggeri del bicipite femorale di Cristiano Ronaldo, bagliori dell’interno sinistro di Messi, o accenni in telemetria delle sinapsi di Kroos.

Antonio Conte (Facebook Nazionale Italiana di Calcio)
PRIMA IL GIOCO, POI IL MODULO. E INVECE… - Ma peggio della mancanza del talento, è la mancanza di un’idea condivisa di gioco. Quando ci accusavano di giocare “all’italiana”, almeno il calcio italiano aveva la sua identità. Difese impenetrabili, menti e piedi sopraffini a centrocampo in gradi di ribaltare l’azione con un passaggio e cecchini infallibili sottoporta, fossero essi anche il più scoordinato – ma letale – Pippo Inzaghi del caso. Adesso in Italia – e l’Italia – si gioca secondo un modulo, non secondo un’idea. Un’applicazione forzata di 3 o 4 numeri messi in fila, incapace di ribaltare le carte in tavola di fronte ad un avversario meglio organizzato. Siamo carenti nei fondamentali (guardare la velocità con cui in Italia si fa circolare la palla rispetto a Spagna, Inghilterra o Germania è avvilente), in fase difensiva (non si mette più l’uomo sul palo sui calci d’angolo perché bisogna “salire” prima, però si copre a zona e si prendono gol da peracottari. Per non parlare della monumentale involuzione del concetto di marcatura) e in fase di impostazione (palla a Pirlo e lancio lungo…). Che la fase offensiva ne risenta, con queste basi, è una conseguenza logica.
ORIZZONTE BUIO - All’orizzonte non si vede nulla di nuovo. Si continuerà a fare fumo parlando dei singoli, della prestazione individuale e del collettivo e della giornata di grazia dell’avversaria di turno. Ma una volta diradata la nube, resterà un prato verde in cui l’arrosto sta dall’altra parte del campo, e se lo stanno mangiando tutto gli avversari. Conte se la prese con Capello quando l’ex ct di Milan, Juve e Roma disse che il campionato italiano non era competitivo, e per quello la Juventus di Conte faceva flop in Europa. Ma sotto sotto Conte lo sapeva. E se non lo sapeva, ora lo sta scoprendo sulla pelle (azzurra) dell’Italia. Germania, Olanda e anche la Spagna 2.0 sono lontane anni luce. Il nostro calcio è in crisi profonda. Siamo inesorabilmente scarsi, e la direzione intrapresa non porta da nessuna parte.
Francesco Guarino
@fraguarino