
Isis, l’ennesimo risultato della schizofrenica politica americana
Ora che l’Isis minaccia gli interessi statunitensi in Kurdistan, Washington interviene in difesa dei diritti umani. E la Siria?

Utile in Siria ma scomodo in Iraq: la difficoltà di inquadrare l’Isis nella politica estera americana (foto: telegraph.co.uk)
Sono passate ormai due settimane da quando gli Stati Uniti hanno deciso di bombardare le postazioni militari dell’Isis, allo scopo dichiarato di fermare il disastro umanitario che l’avanzata del gruppo jihadista sta comportando nel Kurdistan iracheno. Tuttavia, ogni osservatore leggermente attento avrà notato che anche la Siria, Stato sovrano al pari dell’Iraq, da anni è colpita dalle scorribande del gruppo islamista, senza che questo abbia creato alcun grattacapo a Washington.
LA POLITICA ESTERA DI WASHINGTON – Per meglio comprendere questa disparità di trattamento va anzitutto chiarito che gli Stati Uniti, a prescindere dalla retorica che viene propinata all’opinione pubblica di volta in volta, intervengono oltre confine esclusivamente a tutela dei propri interessi, geopolitici, energetici o economici che siano. A sua volta l’intervento statunitense può essere a difesa del governo in carica o contro di esso, a seconda che lo status quo sia o meno gradito.
LA SCELTA DEGLI ALLEATI – In quest’ultimo caso, e per questioni pratiche più che giuridiche, gli Stati Uniti hanno sempre cercato l’appoggio di un gruppo di opposizione al governo in carica. Ecco, la particolarità di Washington è questa: non vi è mai stato interesse relativo all’identità e alla composizione del soggetto che di volta in volta viene scelto come beneficiario degli aiuti. In questo modo sono stati appoggiati, direttamente o indirettamente, le dittature sudamericane degli anni ’70, i mujaheddin in Afghanistan nel 1978, i nazi-fascisti di Pravy Sektor in Ucraina, e l’Isis in Siria.
L’ISIS E’ UTILE IN SIRIA – A differenza del loro atteggiamento in Iraq, in Siria gli Stati Uniti sono avversi al regime di Assad, e forniscono aiuti al fronte che si oppone militarmente a Damasco, al cui interno si trova anche l’Isis. Ed è proprio il rapporto tra il gruppo jihadista e gli Stati Uniti ad avere del paradossale. Sebbene non sia ancora chiaro se l’Isis abbia “solamente” beneficiato, anche solo indirettamente, degli aiuti statunitensi in Siria o se, come dichiara l’ex agente della Cia Snowden, sia stato direttamente creato dai servizi di Washington con la collaborazione dell’intelligence britannica e del Mossad, resta il fatto che in Siria l’Isis è utile perché destabilizza uno sgradito status quo. Ed è presumibilmente per questo che per gli Stati Uniti non ha mai rappresentato un problema, almeno finché non ha varcato il confine.
UN NEMICO IN IRAQ – In Iraq e specialmente nel Kurdistan iracheno, invece, lo status quo è gradito da Washington, specialmente nel Kurdistan iracheno, partner commerciale ed energetico di particolare rilevanza anche per Israele. È lampante quindi che l’Isis in questo campo non solo non è utile, ma è al contrario dannoso per gli interessi statunitensi. Al momento non è ancora chiaro se l’intervento di Washington si estenderà fino alla cacciata dell’Isis dall’Iraq o se si limiterà, come sembra più probabile, ad allontanarlo solamente dal Kurdistan. Di certo la guerra al gruppo islamista non si protrarrà oltre il confine siriano. Lotta al terrorismo e per i diritti umani sì, ma…”business is business”.
Carlo Perigli
@c_perigli