
L’evangelico Pasolini (meglio tardi che mai)
Il film su Gesù di Pasolini riabilitato dal Vaticano a distanza di 50 anni come pellicola capolavoro di rottura e di poesia

Uno scatto dal set de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini (massafraoggi.wordpress.com)
Da “eretico” a regista dalla raffinata esegesi: non è una parabola schizofrenica ma certamente un paradosso che chiude una vicenda culturale avvincente durata anni. Pier Paolo Pasolini adesso è annoverato fra i registi più bravi con il suo Vangelo secondo Matteo, considerato dall’Osservatore Romano come il più bel film su Gesù. È di ieri infatti leggiamo una riabilitazione della pellicola pasoliniana a suo tempo censurata e quasi collocata all’indice, molto probabilmente offuscata dalla vicenda personale e controversa del suo regista. E un treno perso anni fa, adesso è riacciuffato dal quotidiano della Santa Sede con pieno ri-accredito di gratificazione.
ROTTURA ICONOGRAFICA – L’opera di Pasolini - recentemente ridigitalizzata per la videoteca vaticana – viene riletta come un film contenente in modo armonico una parte destruens e una costruens, laddove nella prima si creò una rottura con le precedenti oleografie tipiche dei sacred-movie holliwoodiani attraverso «una rappresentazione che tocca corde sacre e prende le mosse da un sincero realismo». La Passione pasoliniana, che nel ’64 vinse il premio speciale della giuria alla mostra del cinema di Venezia, vide un Cristo interpretato da un sindacalista antifranchista, la Madonna anziana impersonata dalla madre dello stesso regista, la scena disseminata dai volti dei sottoproletari e la scabra ambientazione dei Sassi di Matera. Un Cristo dunque essenziale, di rottura, a tratti asettico e molto alternativo, che a suo tempo suscitò antipatia e fece a pugni con la ritrovata primavera post conciliare e il desiderio di trovare appeal sociale da parte delle gerarchie e che adesso ritrova la sua credibilità dal pontificato di Bergoglio molto attento ad una narrazione ecclesiale decentrata verso le periferie esistenziali e i poveri. Pasolini in questo si riveste a paradigma cinematografico formidabile.

Pasolini dà indicazioni agli attori sul set. Il film è stato riabilitato dal Vaticano 50 anni dopo la censura (pasolini.net)
IL TESTO DI “MATTEO” – La parte costruens del film è il rapporto con il testo e la scelta significativa del primo vangelo, quello di Matteo definito dagli esegeti come il testo più strutturato rispetto agli altri tre canonici. La narrazione matteana è avvincente senza disumanizzare la figura di Gesù, magari meno emozionale rispetto a Marco e meno teologica rispetto – ad esempio – a Giovanni. È comunque un testo normativo quello scelto da Pasolini (cinque grandi discorsi come i cinque libri della Torah antica, il Pentateuco), perché si porta a compimento un progetto rivelativo di Dio sull’uomo e sugli uomini. Il regista non a caso sceglie di costruire un pensiero fluido sulla figura del Nazareno e lo trasferisce in pellicola perché sia da monito per il popolo della sua contemporaneità, l’Italia del boom economico che nasconde – forse – non solo il benessere sociale distribuito ma anche le sue ombre, intraviste nella poesia del cinema, e il suo lato oscuro, quei poteri forti che – lo sappiamo solo dopo – avrebbero distrutto i decenni successivi.
LAICITÀ‘ ACCREDITATA – L’accusa di laicità delle recensioni precedenti, adesso diventa – per il quotidiano vaticano – un realismo e una profezia narrativa che non andava ostracizzata. E senza nulla togliere al “religioso” presente nel film. Il tormento di Pasolini viene offerto allo spettatore come la ricerca di senso di ogni uomo e in questo senso l’opera porta il sacro nel quotidiano, nei gesti dei personaggi, nei loro più timidi comportamenti. Un modo tutto filmico di dire quella rivelazione del Dio fatto Uomo il cui messaggio fu scritto per il cinema negli aridi sassi di Matera e adesso leggibili nei marmi dei sacri palazzi vaticani. Del resto quell’unicuique suum ( a ciascuno il suo) scritto sotto il titolo della testata del quotidiano della Santa Sede prima o poi – passassero persino decenni – restituisce il giusto credito dovuto a tutti. Pasolini compreso.
Giuseppe Trapani