
Letta, perché non fai una legge sul conflitto d’interessi?
Dopo quasi nove mesi dalla nascita del Governo delle larghe intese, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha pensato bene di scrivere il programma dell’esecutivo. In questi giorni si è parlato molto della liberalizzazione della marijuana e del matrimonio fra persone dello stesso sesso. Ma figuriamoci se i ciellini Lupi, Mauro e Formigoni e il delirante Giovanardi («Un bacio pubblico tra due uomini a me infastidisce. Un episodio ostentato di questo genere in un luogo pubblico dà fastidio») daranno l’ok per delle leggi che vadano in quelle direzioni. Stesso discorso vale, ovviamente, per i dinosauri del Partito Democratico. Non ci hanno mai pensato, figuriamoci se si svegliano adesso che stanno al Governo con Angelino Alfano. Sarebbe possibile approvare, invece, una legge sul conflitto d’interessi. Perché Renzi, che sta sollecitando l’esecutivo su molte tematiche, non dimostra di essere diverso dagli altri proponendo anche un provvedimento del genere? E perché il Movimento 5 Stelle non fa propria questa battaglia?
L’ANOMALIA NON ERA SOLO B - Eppure, adesso che il Cavaliere non ha più un seggio in Parlamento, i numeri ci sarebbero. Durante la campagna elettorale Bersani promise di farlo («Per prima cosa bisognerà fare una legge sull’antitrust, cioè contro le concentrazioni, e una legge severa sulle incompatibilità: sono i due punti di quelle che chiamiamo norme sul conflitto di interessi», 20 dicembre 2012), il M5S sarebbe favorevole e se è vero che Alfano e i suoi uomini hanno avuto la svolta liberale, non si capisce dove sia il problema. Ma questa è pura teoria. In pratica, anche è una problematica che nessuno, sinistra compresa, vuole risolvere. Parlando più in generale, il capitalismo italiano è malato, anomalo. In qualsiasi altra democrazia occidentale, va avanti chi si gioca al meglio le proprie possibilità, chi dimostra le proprie capacità, i propri meriti, il suo talento. Insomma, domina la logica della meritocrazia. In Italia no. In Italia va avanti il figlio, il fratello, il nipote, il cugino o l’amico della persona giusta. Oppure, se non hai amici o parenti facoltosi, se sei uno con abbastanza soldi da poter pagare tangenti a destra e a manca. Ovviamente, le persone che si conquistano una certa posizione o una fetta più o meno grande di potere non sono disposti a rinunciarvi. Per cui guai se una persona onesta e meritevole entrasse nel sistema. Essa, infatti, sarebbe un triplice pericolo, perché sputtanerebbe i “tangentari” e gli amici degli amici, provocherebbe una reazione a catena per cui altri onesti e capaci vorrebbero provare a dire la loro e, soprattutto, ruberebbe una fetta di potere a quello che lo ha ottenuto in modo truffaldino. In Italia questo non sarebbe tollerato. Per questo una legge che disciplina il conflitto d’interessi è impensabile da questa classe politica. Questi deputati e questi senatori, infatti, sono un esempio di come funzionano le cose in Italia. Chi li ha nominati questi deputati e questi senatori? I segretari o i leader di partito in base a chi si è arruffianato meglio i leader. Dove sarebbe la logica della meritocrazia? Pensare che questi signori approvino una norma – come quella sul conflitto d’interessi – che distruggerebbe diverse situazioni caratterizzate da un’insolita concentrazione di poteri, è roba da fantascienza. Sarebbe più semplice chiedergli di vendere la madre.
ALLA FACCIA DEL LIBERO MERCATO - Il problema del conflitto d’interesse è, più in generale, una parte del grande problema della mancanza di libero mercato in Italia. La cosa divertente (o tragica, dipende dai punti di vista) è che a sentir parlare i lorsignori onorevoli, non ci dovrebbe essere neanche mezza discussione. In un paese in cui tutti gli uomini politici si dicono sostenitori del libero mercato, una normativa sul conflitto d’interessi sarebbe scontata, un presupposto necessario. Ma se ci fosse veramente il libero mercato tanto citato e mai applicato, l’Italia non sarebbe certo ridotta così.
LE MAFIE RINGRAZIANO - Non c’è bisogno di scomodare chissà quale esperto per capire che un sistema malato senza libero mercato e uno Stato che quindi non funziona (o meglio, funziona solo per i soliti noti) rafforzano tutte quelle organizzazioni che allo Stato si sovrappongono. Cioè le criminalità organizzate. Se lo Stato, le cui cariche più importanti sono rivestite dai soliti noti, pensa soltanto a mantenere inalterato il sistema malato, l’unico modo per tanti cittadini di farsi valere e di dire la propria è rivolgersi a cosa nostra, alla camorra, alla ‘ndrangheta, alla sacra corona unita. Come scrive Tom Behan nella sua opera Il libro che la camorra non vi farebbe mai leggere: «In assenza di soluzioni offerte dall’economia statale o dal libero mercato, in molte zone della Campania è solo attraverso l’impiego diretto o indiretto con la camorra che molta gente riesce a sfamarsi», «Se non si è capaci di produrre un’alternativa occupazionale si finisce per produrre soltanto nuova criminalità».
TIRA FUORI LE PALLE D’ACCIAIO - Ora, se Enrico Letta è davvero una brava persona come in molti sostengono, allora dovrebbe perlomeno proporre una legge riguardante il conflitto d’interessi alla strana maggioranza che lo sostiene. Oltre a farci una splendida figura, smentirebbe chi sostiene che il suo Governo non fa niente, che è diventato presidente del Consiglio solo perché è il nipote di Gianni Letta e, seppur indirettamente, che la lotta alle mafie rientra nell’agenda del suo esecutivo. Se invece, come è più probabile, non farà niente, dimostrerà per l’ennesima volta che gli interessi dei partiti e quelli dei clan mafiosi sono sempre più simili.
Giacomo Cangi
@GiacomoCangi
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