Le ultime colline di sabbia

di Silvia Nosenzo

Migliaia di chilometri di dune lungo le coste italiane rischiano di scomparire: è necessaria una strategia comune di protezione e di conservazione

Le dune di Piscinas, tra le più grandi in Europa, sono state dichiarate patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO

Le dune di Piscinas, tra le più grandi in Europa, sono state dichiarate patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO

Chi pensa che le dune siano una delle meraviglie della natura osservabili solo nel deserto, si sta sbagliando. A Piscinas, in Sardegna, o a Monte Russu, nei pressi di S. Maria di Gallura, piuttosto che sull’isola di Vendicari in Sicilia: l’emozione di salire su una duna si può provare anche in Italia, dove all’incirca nove mila ettari di costa presentano dune.

Un numero che potrebbe sembrare sorprendentemente alto, ma che in realtà denuncia una tragica distruzione dei nostri litorali: nel corso di un secolo, infatti, l’Italia ha perso circa l’80% delle sue dune costiere, e delle rimanenti solo 300km non sono ancora state intaccate dall’intervento dell’uomo.

Un momento del convegno (Foto di S.Nosenzo)

Un momento del convegno (Foto di S.Nosenzo)

Alla luce di questi dati allarmanti, ISPRA e CATAP (Coordinamento delle Associazioni Tecnico-Scientifiche per l’ Ambiente e il Paesaggio) hanno organizzato ieri a Roma il convegno ‘Sos Dune’, un’occasione per discutere sul ripristino degli ecosistemi marino-costieri e delle dune.

Le spiagge italiane sono quasi tutte in erosione, e una della cause principali è l’antropizzazione smodata: urbanizzazione selvaggia, proliferazione di stabilimenti balneari, cementificazione delle dune, pulizia delle spiagge coi caterpillar, che distruggono i nidi degli uccelli che vi nidificano, eliminando al contempo enormi quantitativi di sabbia, sono solo alcuni dei problemi che rovinano l’ecosistema.

Come ha denunciato la dottoressa Franca Zanichelli, docente del  corso di Studio in Scienze Naturali e in Conservazione della Natura presso l’Università degli studi di Parma, citando il caso delle dune di Lacona sull’isola d’Elba, ad esempio, spesso si assiste alla vendita di dune a privati, addirittura all’interno di parchi nazionali, sottraendole così alla tutela degli enti preposti. In alcuni casi, queste dune vengono trasformate in veri e propri parcheggi, o in aree pic-nic… In altri casi, come nota il Dottor Giovanni De Falco (Istituto per l’Ambiente Marino Costiero IAMC – CNR) parlando della Sardegna, si assiste alla rimozione di piante marine come la Poseidonia, depositate dalle correnti sulla spiaggia, e poi rimosse con pale meccaniche e smaltite senza criterio: tra i campi, dietro le dune, in miniere abbandonate. Quest’attività non fa altro che alimentare l’inquinamento del suolo, l’erosione delle coste e la sottrazione di elementi nutritivi all’ecosistema marino.

Una duna della costa sarda

Una duna della costa sarda

È allora evidente la necessità immediata di un processo di sostegno a questi habitat, che altrimenti potrebbero scomparire nel giro di poco tempo, causando gravi modifiche ai nostri ecosistemi.

Bisogna anzitutto creare una coscienza e una sensibilizzazione all’uso quotidiano del territorio, capaci di rafforzare l’interesse del singolo per la cura dell’ambiente. È poi necessaria una solida alleanza con l’imprenditoria e con l’ingegneria naturalistica, che si occupino di ricostruire e stabilizzare gli ambienti dunali costieri.

Non dobbiamo dimenticare, però, che le spiagge vere sono quelle con sabbia e Posidonia, e che se  si vuole cambiare la situazione, bisogna anzitutto smettere di vendere acque cristalline e spiagge bianchissime ai turisti!

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