
La straordinaria morale dell’astice al veleno
Aggiunto da Adriano Ferrarato il 07/01/2011.
Tags della Galleria Cultura e Spettacolo, Primo piano, Teatro
Tags: amore, arte, astice, avvelenamento, Barbara, Benedetta Valanzano, bisogno, coinvolgimento, dialogo, Fabio Nobile, gemito, Gustavo, maschere, morale, MORTE, munaciello, Natale, nobile, pirandello, poeta, pubblico, scugnizzo, teatro napoletano, tradimento, veleno
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“L’astice al veleno”: una storia d’amore, una favola di Natale, una commedia di alto livello.
La presenta al pubblico Vincenzo Salemme in uno spettacolo di classe sopraffina e dai due volti: da una parte comico fino alle risate a crepapelle, con battute formidabili, dialoghi degni della miglior tradizione del teatro napoletano e situazioni al limite del paradossale con importanti riferimenti allo stato attuale in cui versa la classe morale e politica italiana. L’altra faccia della medaglia però è totalmente differente: dietro il bellissimo palcoscenico, così come fece Luigi Pirandello e come spesso amava sostenere Goffmann, ci sono gli aspetti reali della vita di tutti: i sentimenti, la parte più interiore degli esseri umani che per una motivazione o un’altra non ragionano secondo il senso comune e spesso si divertono a giocare cambiando il corso dei destini.
La storia prende avvio in un vecchio teatro dove una giovane e affascinante attrice Barbara (Benedetta Valanzano) è innamorata del suo regista, il quale tuttavia non corrisponde in pieno al suo amore perché sposato e con nessuna reale intenzione di separarsi dalla moglie. Decisa a chiudere definitivamente la relazione adultera, la ragazza decide allora, nella notte del 23 dicembre, di invitare l’amante a cena per avvelenarlo e poi uccidersi a sua volta in un estremo gesto di passione con una cena il cui piatto forte è un astice.
Il piano avrebbe ottime possibilità di successo se all’interno del locale non fossero presenti quattro statue: una lavandaia del cinquecento, uno scugnizzo di Gemito, un poeta rivoluzionario del regno delle due Sicilie, e un mitologico “Munaciello”, una sorta di veggente dalle origini calabresi. Barbara riesce a parlare e ad interagire con queste figure “magiche”, che nella sua fantasia riescono a prendere vita e che cercano in tutti i modi di distoglierla dalle sue terribili intenzioni. Sarà l’arrivo di un bizzarro pony express, Gustavo (Vincenzo Salemme), a mischiare le carte in tavola e a cambiare le sorti del tragico appuntamento con la morte.
Proprio Salemme ha voluto riassumere con queste parole il senso di tutto il suo spettacolo: “L’astice al veleno è una commedia che ho scritto nell’autunno appena trascorso. E’ basata su un meccanismo comico farsesco ma ha un linguaggio tipico della commedia brillante e romantica”. Sul palco infatti c’è una logica alternanza di momenti burleschi ad attimi di riflessione e di ragionamento personale. Similarmente ai “personaggi in cerca di autore”, gli attori, statue comprese, si confrontano in una situazione paradossale che definisce continuamente la meccanica e le gerarchie dei ruoli all’interno della scena.
Lo stesso processo accade anche nei confronti del pubblico, richiamato a più riprese all’intervento diretto dallo stesso personaggio di Gustavo, che ad un certo punto, eliminati metaforicamente i panni di scena, si intrattiene a dialogare con gli spettatori sull’importante tema del significato dell’amore e di come esso andrebbe realmente vissuto e compreso. La morale che viene insegnata è semplice quanto lampante: il più nobile dei sentimenti non deve nascere dalla necessità di realizzare il bisogno di un affetto, ma dal puro e semplice volersi bene.
Con meravigliosa onestà, “L’astice al veleno” è una rappresentazione ottimamente lavorata, in grado di coinvolgere i partecipanti, a partire anche da età giovanissime, e porre all’attenzione collettiva il dilemma di una società che troppo spesso dimentica, a causa del consumismo e dell’idolatria, i concreti ideali di una vita giusta nel rispetto degli altri. Ed è anche, e le statue parlanti ne sono un perfetto esempio, un forte invito a credere e a perseguire i propri sogni. In scena fino al 23 gennaio al Teatro Olimpico di Roma, una commedia da non perdere assolutamente.
Adriano Ferrarato