
La Repubblica è sorda, i cittadini muti
Nelle metropoli italiane lo smarrimento dei singoli cittadini davanti le istituzioni cresce in maniera esponenziale. Ricevere un servizio diventa un epopea per chi, come Antonio Trapani, ha combattuto per 5 anni la sua guerra
di Diego Ruggiano
Anche in una capitale europea come Roma ottenere un informazione presso uno sportello del Municipio o del Comune è un compito difficile. Riuscire a trovare un servizio, come quello dell’assistenza domiciliare per ammalati, rischia di diventare addirittura una missione impossibile. Il concorso di responsabilità tra il disorientato cittadino e la cattiva comunicazione delle istituzioni, rasenta lo scandalo nel caso di Antonio Trapani, un uomo romano di 48 anni, fino ad oggi relegato tra le pareti di casa a causa della novantenne madre ammalata e costretta al letto.
Dopo la morte della sorella, Antonio è rimasto da solo ad accudire l’anziana donna che da 5 anni è ridotta ad uno stato semi vegetativo. Occupandosi della madre ha perso non solo una vita sociale ma, come inevitabile conseguenza, è rimasto anche disoccupato. “Tiriamo a campare con la pensione di mia madre – spiega con l’aria affranta mentre mostra i documenti che attestano la malattia della madre – e tra affitto e spese varie non riusciamo ad arrivare a fine mese. Tra due mesi abbiamo anche uno sfratto da affrontare”.
La proprietaria di casa infatti ha ordinato per il 31 gennaio l’abbandono dell’abitazione. Come però confermano dal Comune di Roma, lo sfratto potrebbe non avvenire per il degenerante stato di malattia della donna. Nella spasmodica ricerca di aiuto, Antonio, come probabilmente molti cittadini nelle sue stesse condizioni, non è comunque riuscito ad inserirsi nel giusto canale burocratico che gli avrebbe permesso di candidarsi all’aiuto dato dai municipi agli ammalati che non possiedono funzioni motorie. Se non fosse stato per l’aiuto di un impiegato comunale che si occupa di questi casi, starebbe ancora in alto mare.
La sua richiesta d’aiuto, adesso arrivata anche ai giornali, è prima passata per le caselle mail della Regione Lazio, del Comune di Roma e del Municipio al quale appartiene. Molte volte non ha ricevuto nemmeno risposta, in altri casi invece è stato congedato con inviti e consigli che non consideravano minimamente la gravità del suo caso. “Quello che possiamo fare è consigliarle – continua testualmente la mail inviatagli dalla Regione Lazio – di rivolgersi ad uno studio legale che saprà sicuramente informarla su come meglio comportarsi”. Non ci sono dubbi che Antonio, preso dalla disperazione, abbia sbagliato “ufficio” contattando il “Dillo a Marrazzo” del sito della Regione, ma ci vuole una bella faccia tosta per scrivere ad un cittadino in cerca d’aiuto “si rivolga ad un legale”.
Rispondere una cosa del genere vuol dire non aver capito che quest’uomo non poteva uscire di casa. Rivolgersi ad una carica politica, come spiega un tecnico del Comune che si è occupato del caso di Antonio, rischia di diventare perciò una pratica contorta e lunga che potrebbe andare persa da ufficio a ufficio. Ma come scovare gli uffici preposti per l’assistenza domiciliare? Come fa un comune cittadino che non sa un bel niente di sanità e burocrazia? A queste domande è il vuoto più totale, quello che colma la distanza tra la Repubblica e le persone, a dare la risposta.
Quando un’amministrazione comunale porta a termine un punto del proprio programma politico è subito pronta a spendere migliaia di euro per affiggere in tutta la città il proprio successo. Se invece a necessitare di pubblicità è un servizio offerto al cittadino grazie ai soldi pubblici è il silenzio più totale a farla da padrone. È buffo, nonché paradossale, ascoltare da Antonio l’aneddoto di un impiegato del Municipio che, allo sportello per richiedere l’assistenza domiciliare, gli consiglia di non compilare nemmeno la domanda, tanto non avrebbe avuto mai risposta.
L’uomo, nella sua ingenuità, non ha compilato la richiesta, grazie a questo sprovveduto consiglio. Una realtà tutta italiana quella di non aver diritto a conoscere i propri diritti. Assistenze, sussidi, esenzioni e riduzioni, restano sempre più spesso un qualcosa di sconosciuto e misterioso. Nessuna pubblicità, per citare un banale caso, ha avvisato i cittadini che dal 1° gennaio 2008 bisogna mostrare la Tessera Sanitaria quando si acquista un medicinale, se dopo lo si vuole addizionare alle spese da detrarre.
Un esempio tra tanti, ma si potrebbe scrivere all’infinito. Quando le istituzioni iniziano a martellare con insistenza al massimo ci si può aspettare la comunicazione degli incentivi per acquistare le auto, quasi come dire che i cittadini contano solo quando hanno dei soldi da spendere per far rimettere in moto l’economia del Paese. Come nel caso di Antonio, molte altre persone si sentono abbandonate all’ultimo anello della catena. Il cittadino, che dovrebbe essere parte fondante e centrale della società, viene troppo spesso abbandonato a sé stesso. La situazione probabilmente non cambierà subito né tra poco tempo, ma bisognerà iniziare a far sentire la voce dei silenziosi per permettere a chi siede su delle comode poltrone, di accorgersi che molti hanno bisogna di aiuto.
Antonio, questa mattina, ha ricevuto la notizia di accettazione per l’assistenza sanitaria. Dopo 5 lunghi anni, durante i quali nessuno si è degnato di curare il suo caso risolvendolo, ha trovato per la prima volta in un impiegato del Comune di Roma un modo per mettere in moto il complesso motore burocratico. Ha sicuramente sbagliato a bussare ad alcune porte, ma chi gli apriva non si è mai curato di indirizzarlo verso l’entrata giusta. Adesso avrà quell’assistenza tanto cercata, ma chi potrà mai restituirgli questi 5 anni della sua vita?
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