
La giornata mondiale per dire stop alle mutilazioni genitali femminili
Oggi si celebra la giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, una pratica orribile che lede i diritti fondamentali delle donne
Oggi si celebra la dodicesima giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. L’Onu ha stimato che nel mondo sono circa 125 milioni le donne mutilate sessualmente, il 90 percento delle quali soprattutto in alcuni paesi africani e del Medio Oriente, ma questa orribile pratica avviene in tutti i continenti, anche in Europa e in Italia.
UN ORRORE DIFFICILE DA ESTIRPARE – Solo lo scorso luglio il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, leader dei jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), ha ordinato l’infibulazione di massa per tutte le ragazze dell’autoproclamato califfato, a cavallo tra l’Iraq e la Siria. In un documento i jihadisti affermano che la pratica delle mutilazioni genitali è stata imposta dal profeta Maometto: «Per proteggere lo Stato islamico in Iraq e nel Levante e nel timore che il peccato e il vizio si propaghino tra gli uomini e le donne nella nostra società islamica, il nostro signore e principe dei fedeli Abu Bakr al Baghdadi ha deciso che in tutte le regioni dello Stato islamico le donne debbano essere cucite».
Le donne, le bambine, vengono rese non più donne: queste pratiche orribili vengono a volte eseguite dalle stesse madri, dalle nonne, che a loro volta ne sono state vittime. Pratiche che è difficile estirpare da una mentalità chiusa, totalizzante, ma non impossibile.
UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL – L’Onu riporta notizia di un caso in Egitto: a fine gennaio la corte egiziana ha condannato a tre mesi di carcere un medico che aveva praticato una mutilazione genitale ad una bambina di tredici anni morta proprio a causa dell’operazione. Una goccia nel mare, certo, ma pur sempre una sentenza storica, che evidenzia come anche in questi paesi si cominci a mettere al bando una pratica che rappresenta una gravissima violazione dei diritti umani, nonché una manifestazione della discriminazione di genere che ancora persiste in moltissimi luoghi del mondo.
Una goccia nel mare, si diceva: soprattutto se si pensa che in quei Paesi nei quali la legge ha deciso di vietare le mutilazioni genitali femminili, i parenti delle bambine – i genitori, i nonni – le fanno espatriare per subire l’operazione e poi le riportano indietro. Una pratica orribile, una violenta violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, e tuttavia una pratica tradizionale, fortissimamente radicata nelle culture locali che vede nella mutilazione genitale un passaggio: dalla vita infantile alla vita adulta.
L’Onu, l’Unicef e moltissime altre organizzazioni per la salvaguardia dei diritti umani stanno creando una rete capillare per portare le discussioni su queste tematiche proprio nei Paesi in cui la pratica è più diffusa, per dire basta alle mutilazioni genitali femminili nel mondo.
Mariangela Campo
@MariCampo81