
L’ultimo saluto al Sic, Rossi distrutto: “Marco era come un fratello”
Sepang, Malesia- E’ spuntata la luce di un nuovo giorno su Sepang. Ieri, alla notizia della morte di Marco Simoncelli, il paddock era sprofondato in un drammatico silenzio, quello di chi sa che la tragedia è sempre dietro l’angolo ma non riesce a darsi pace per la perdita di un ragazzo 24enne, nel fiore della sua carriera. L’immagine di Ben Spies seduto in terra a fissare il vuoto fa il paio con quella di Valentino Rossi, seduto al box insieme al veterano Capirossi, nella speranza di buone notizie che non arriveranno mai.
“Siamo tutti fratelli” ha spiegato Nicky Hayden. Non importa quanta battaglia si faccia in pista, quella del motomondiale è ancora una grande famiglia. Con simpatie e antipatie, rivalità forti e amicizie sincere. Nonostante il business che gli grava intorno, la MotoGP sa essere ancora un ambiente umano e sincero. E Marco Simoncelli era forse uno dei più straordinari interpreti di questa genuinità: andava in vacanza con alcuni dei suoi meccanici, non li lasciava soli nel box finché il lavoro sulla moto non fosse stato completato. Sapeva fare gruppo.
Ed è proprio questo senso di forte familiarità che si avverte nelle parole di Valentino Rossi, l’ultimo a parlare, ieri sera via Twitter, il pilota certamente più scosso per l’accaduto: “Il Sic per me era come un fratello minore, tanto duro in pista come dolce nella vita. Ancora non posso crederci, mi mancherà un sacco”. I due erano compagni di scorribande, anche fuori dalla pista. Memorabili i racconti sulle loro battaglie con le moto da cross alla Cava. Marco era un pilota duro, aggressivo, grintoso, con qualche errore di gioventù e di foga sulla spalle ma mai scorretto, malgrado le critiche. Era poi un ragazzo generoso, onesto, schietto: aveva un senso di comunicatività innato, che in un sport dove il fattore umano ha ancora un peso, è sempre un valore aggiunto.
Lo sa bene il team Honda San Carlo che ora lo piange. La squadra di Fausto Gresini, che già nel 2003 aveva dovuto subire la perdita di Dajiro Kato – morto nel 2003, dopo 13 giorni di coma, a seguito di uno schianto contro il cemento di Suzuka -faticherà a riprendersi. Allora, i piloti avevano reso onore alla promessa giapponese istituendo una commissione interna, reclamando e ottenendo una maggior voce in capitolo sulla questione sicurezza. In questa girandola di infauste coincidenze, la tragedia di Marco, però, ricorda più quella di Shoya Tomizawa, centauro della moto2, deceduto lo scorso anno a Misano, allorché investito dagli incolpevoli Smith e De Angelis.
A questo punto, diventa allora legittimo domandarsi se tutte queste perdite abbiano davvero un senso. Se la passione possa riuscire a giustificare il dolore devastante vissuto ieri in diretta tv dalla famiglia e dalla fidanzata di Marco Simoncelli. A Brno 2010, anche Andrea Dovizioso aveva rischiato una sorte simile ma, per fortuna, fu evitato proprio da Rossi; in quell’occasione, Andrea spiegò di aver provato paura, che la paura fa parte di un pilota ma è sempre relegata in un angolo, sepolta da un mix di adrenalina, sentimento, incoscienza e onnipotenza.
“Corriamo insieme da quando siamo bambini” ha ricordato Dovizioso. “L’ho sempre visto correre dando il massimo, l’ho visto cadere tante volte senza farsi male, quasi fosse invulnerabile. Assistere a un incidente come quello di oggi mi lascia esterrefatto, mi sembra impossibile”. La velocità dà tanto ma toglie altrettanto: sembra retorica ma nel caso di Supersic – o, Superpippo come lo chiamavano ai tempi delle categorie minori – è quanto mai vero. Sepang gli ha regalato il titolo iridato della 250 e sempre Sepang gli impedirà di coronare il sogno di diventare campione del mondo anche nella classe regina.
Alla fine, è per questo chi si corre. Celebrità, soldi, e “gnocca” – avrebbe aggiunto Marco- contano, ma si corre innanzitutto dietro ad un sogno. “Eravamo bambini, bambini con un sogno” – ha ricordato Mattia Pasini sul suo profilo Facebook – “Sono convinto che te ne sei andato facendo quello che amavi, ma questo non serve a riempire il vuoto che ci hai lasciato. Sto riflettendo se realmente ne vale la pena, fare sacrifici, rischiare la pelle, dedicare tutta la vita per rimanere un ricordo. Sappi però che se andrò avanti per inseguire quel sogno, lo farò per te”.
Mara Guarino
Foto homepage via: motorcyclenews.com