
L’integrazione europea dell’Albania e il ruolo dell’Italia
Roma – Le parole d’inizio mese del ministro degli Esteri Giulio Terzi sugli sforzi che l’Italia compirà in sede europea per favorire il riconoscimento all’Albania dello status di candidato all’ingresso nell’Unione Europea hanno riportato in primo piano le ambizioni di questo paese, martoriato da decenni di dittatura comunista e isolazionista, lanciato verso un futuro di crescita e sviluppo, nel quale l’ingresso nell’Europa costituisce un passaggio quasi obbligato.
L’Albania ha presentato la domanda ufficiale di adesione all’Ue il 28 aprile 2009, ma non ha ancora ricevuto lo status di candidato, possibilità questa subordinata alla soddisfazione di una serie di requisiti che vanno dall’economia alla giustizia sino ai diritti umani, e già concessa a Serbia, Montenegro, Macedonia e Turchia.
In particolare, quello che sembra mancare in questo momento all’Albania, e che, di fatto, rallenta la concessione dello status di candidato – sono nella stessa situazione la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, sul quale pende ancora la questione del riconoscimento internazionale, benché l’Unione Europea sia allineata alla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite – è la stabilità economica secondo i cosiddetti criteri di Copenaghen, che prevedono la presenza obbligatoria di un mercato interno stabile e concorrenziale.
La concessione dello status, in ogni caso, non ha un limite di tempo prefissato, ragione per cui l’intera procedura di adesione, che passa poi per l’avvio dei negoziati, la loro conclusione e la decisione definitiva dello stato candidato. Una procedura molto rapida si è avuta con l’Islanda, che ha ottenuto la candidatura dopo meno di un anno dalla domanda di adesione, così come la Croazia, prossima a divenire il ventottesimo stato europeo. Particolarmente complessa, invece, è la situazione della Turchia, che ha chiesto di poter aderire già nel 1987, si è vista riconoscere lo status dopo dodici anni, e ancora adesso è in fase di negoziazione.
Le dichiarazioni di Terzi, in ogni caso, ci riportano alle relazioni storiche tra Italia e Albania, e al motivo per il quale il nostro paese vede favorevolmente l’ingresso albanese nell’Europa. L’Italia ha tentato per ben due volte di mettere le mani sul paese balcanico, riuscendovi nel periodo 1918-1920 attraverso l’istituzione del protettorato italiano in Albania, e in seguito dal 1933 al 1943 attraverso un secondo protettorato, ma con il re Vittorio Emanuele III che si autoproclamò anche re d’Albania. I due protettorati coincisero con le fasi immediatamente precedenti o successive i conflitti mondiali, il che rese ogni tentativo di colonizzazione un fallimento.
Sconvolta dalla fine del regime comunista di Enver Hoxha e dai conflitti sociali, una buona fetta della popolazione albanese decise di rifugiarsi in Italia già dal 1997, contribuendo così a una delle maggiori emigrazioni verso il nostro paese del secolo scorso. Negli ultimi anni, con la stabilità politica riconquistata dallo stato albanese, gli scambi commerciali e culturali tra i due paesi si sono intensificati, con l’apertura di aziende italiane sul suolo balcanico e di università e centri di studi.
Sul piano economico, l’Albania soffre ancora degli effetti di un quarantennio di economia di parificazione, applicata in modo maniacale da Hoxha, fedele sostenitore delle idee marxiste, e pertanto le organizzazioni internazionali sono concordi nel ritenere il paese “in via di sviluppo”, con buone potenzialità ma fortemente bisognoso di una vera e propria rivoluzione su quasi tutti i settori della vita pubblica.
L’acquis comunitario, infatti, consta di trentacinque capitoli, che vanno dalla proprietà intellettuale alla pesca, passando per economia e infrastrutture, e proprio queste ultime sono fortemente compromesse in Albania, con reti ferroviarie e stradali ben al di sotto dello standard internazionale. È lecito dunque ritenere che senza uno sviluppo infrastrutturale adeguato anche le possibilità economiche siano ridotte. Il Prodotto interno lordo albanese è piuttosto basso, e si attesta intorno alla centesima posizione mondiale, ma è prevalentemente incentrato sul settore terziario, così come nelle grandi economie, cartina tornasole di un giusto indirizzo di crescita economica degli ultimi anni.
L’adesione dell’Albania all’Unione Europea richiederà ancora molto tempo, e probabilmente non si risolverà nel corso di questo decennio, visti i criteri restrittivi che l’Ue richiede ai propri candidati, ma le premesse sono favorevoli, e l’Italia non mancherà di offrire un appoggio al vicino paese, visti i vantaggi che ne potrà trarre.
Stefano Maria Meconi