
Juventus campione d’Italia: tre motivi scudetto, tre rischi di tracollo. A meno che…
Milan, Inter, Lazio. Forse anche Napoli e Roma. Sono i nomi delle squadre che, ad inizio campionato, in molti avrebbero pronosticato davanti alla Juventus di Antonio Conte. Se invece i bianconeri stanno festeggiando da ieri sera lo scudetto numero 28, i motivi sono tre. Eppure, paradossalmente, le ragioni del successo potrebbero avere un inquietante effetto boomerang.
PIRLO SUPERSTAR - Impossibile negarlo, il primo motivo per cui la Juventus è riuscita a guardare tutti dall’alto in basso è stato un regalo della diretta concorrenza: Andrea Pirlo. La Juventus 2010/2011 di Del Neri aveva praticamente bypassato il gioco palla a terra nella zona nevralgica del campo, puntando sul 4-4-2 marchio di fabbrica dell’allenatore friulano e consegnando le chiavi del gioco alle accelerazioni sugli esterni. Se qualcuno ricorda Krasic – mattatore della scorsa stagione – si ricordi anche che quest’anno non è sparito per gli infortuni, ma per scelta tecnica. I piedi di Andrea Pirlo hanno infatti convinto Conte a far passare sempre l’impostazione della manovra offensiva attraverso l’inesauribile filtro del numero 21 bianconero, che ha regalato a corrente continua aperture e verticalizzazioni, come nel suo stile. Un surplus di tecnica e qualità che la Juventus di Del Neri non aveva e che il 3-4-3/4-3-3 dell’allenatore pugliese ha capitalizzato nel migliore dei modi.
TURNOVER ZERO – Né Champions, né Europa League. Una squadra senza “distrazioni” quella di cui Conte ha potuto usufruire. Quindi senza i tipici cali fisici dettati da una preparazione volta ad ottenere il meglio in avvio di stagione ed in primavera, nel periodo cioè in cui gli scontri continentali condizionano la classifica (e l’infermeria) delle grandi. Giocare soltanto 43 partite nella migliore delle ipotesi (contro le potenziali 56 della concorrenza qualificata per le competizioni europee) ha consentito ai preparatori tecnici ed atletici di Vinovo di puntare tutto sullo scudetto e di giocare la Coppa Italia come se fosse una piccola Champions League: senza sfruttare più di tanto la panchina, senza sconvolgere gli equilibri di gioco, senza privarsi mai degli uomini migliori per farli riposare. In campionato gli uomini dell’Inter con più di 30 presenze sono stati 7, nel Milan e nella Lazio soltanto 4. Nella Juventus sono 11: Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini, Lichsteiner, Pirlo, Marchisio, Vidal, Pepe, Matri e Vucinic. La formazione tipo dei bianconeri.
TUTTI NEMICI, CONTE COME MOURINHO E LIPPI - Distanti anni luce, ma più vicini di quanto si possa immaginare. Perché sia l’Inter dello Special One che la Juventus di Conte hanno espresso, in tempi e modalità diverse, un gioco basilare ed efficace, senza virtuosismi tecnici di sorta, ma radicato su una base tattica ineccepibile. Il lavoro di Conte, in tutta onestà, è da ritenersi ancora più degno di nota, in quanto non si è potuto fregiare di un uomo all’altezza del super-Milito con cui Mourinho ha portato a casa il triplete, ma ha dovuto mandare a segno ben 18 giocatori diversi. La chiave di volta del successo della Juve, però, è stata la capacità di Conte di spremere psicologicamente i suoi giocatori fino all’ultima goccia di energia: è riuscito a tenere sempre alta la tensione della rosa, sia contro le piccole (pur lasciando qualche punto per strada), sia (e soprattutto) negli scontri diretti, quando i bianconeri non hanno praticamente mai fallito. Arroccati in un fortino, contro la stampa, contro la FIGC, contro il Milan. Un clima di pressione psicologica continua simile per molti versi anche a quello dell’Italia di Lippi dei Mondiali 2006 e che, alla stessa maniera, si è tramutato in tensione agonistica positiva.
DALLA VITTORIA AL BLACK-OUT? – Possibile che i motivi del trionfo si possano tramutare in cause di tracollo? Assolutamente sì. Partendo dal fattore Pirlo. Se il Milan lo scorso anno ha vinto lo scudetto mettendo in disparte Pirlo, un motivo c’è. Il fantasista arretrato è infatti un ruolo tanto imprevedibile – quando si inserisce in un nuovo contesto di gioco – quanto facilmente attaccabile dopo un periodo di adattamento. Il timore reverenziale per il tipo di impostazione offensiva arretrata, tende ben presto a lasciare spazio al pressing spregiudicato sul portatore di palla, a costo di frantumare il gioco con gli interventi fallosi. Pirlo, poi, rispetto ai primi anni da regista arretrato, non ha perso tocco ed eleganza, ma ha rallentato notevolmente i tempi della giocata, rallentando con essi la velocità della manovra e del gioco dell’intera squadra. Al Milan, si ricordi, bastò rimpiazzarlo con il tutt’altro che fulmineo Van Bommel per dare una scossa al centrocampo. La Juventus deve quindi assolutamente coprirsi le spalle trovando un sostituto all’altezza dell’attuale numero 21, se non addirittura – per quanto potrebbe apparire un’eresia – valutare un’impostazione di gioco completamente differente da quella seppur vincente mostrata quest’anno.
Preme poi sottolineare che, con la Champions League al via da settembre, cambierà necessariamente la preparazione fisica a cui i bianconeri dovranno essere sottoposti. Riproporre lo stesso tipo di lavoro di quest’anno, vorrebbe dire scoppiare letteralmente a stagione in corso, falcidiati da affaticamento ed infortuni. La rosa juventina quindi, oltre che innalzata qualitativamente, va perciò assolutamente rinfoltita quantitativamente, per garantire un turnover obbligato all’altezza. E guai a puntare a priori alla Champions come primo obiettivo, sulla scia dell’entusiasmo: la lezione del Milan insegna che il rischio di trovarsi a mani vuote, dopo aver tentato di ghermire a destra e a manca, è sempre dietro l’angolo.
E il motivatore Conte? Purtroppo basta ricordare cosa è successo all’Italia post-Mondiali 2006 e all’Inter del dopo Mourinho. La rischiosa equazione soddisfazione = appagamento è sempre pericolosamente valida. L’allenatore juventino dovrà parlare di meno ai cuori e far lavorare di più le gambe. Basta che Agnelli e Marotta rimettano il tappo alle bottiglie di champagne in tempo per la campagna acquisti.
Francesco Guarino