
Isis: se Kobane cade la strategia Usa cambierà?
La battaglia che si sta svolgendo nella città di Kobane, situata al confine fra la Siria e la Turchia, fra i curdi e i militanti dell’Isis ha un’importanza che probabilmente in pochi hanno capito. Da essa, dipende l’intera strategia degli Stati Uniti d’America. E quindi dell’occidente intero.
KOBANE DECISIVA - Se i tagliagole riuscissero malauguratamente a prendere il pieno controllo della città – eventualità che purtroppo non è da escludere – a quel punto i militanti dell’Isis potrebbero vantarsi e galvanizzarsi per aver resistito non solo alla resistenza curda ma anche agli attacchi aerei lanciati dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti. E secondo alcuni analisti, l’Isis sarebbe in grado di mandare in pochissimo tempo migliaia di combattenti per combattere in altri territori in Siria ed in Iraq. Una vittoria a Kobane, neanche a dirlo, offrirebbe ampi spunti di propaganda per l’Isis. I suoi combattenti, infatti, si sono dimostrati abilissimi a sfruttare le immagini raccolte nel campo di battaglia. Mentre gli americani al massimo potrebbero sfruttare dei video sfuocati fatti dagli aerei.
FALLIMENTO - Già adesso sono in molti a mettere in discussione la scelta del presidente Obama di non mandare truppe di terra contro l’Isis (fra cui l’ex Primo Ministro inglese Tony Blair). Con gli aerei si può rallentare l’avanzata, ma non si può sconfiggere l’Isis. Ma se Kobane dovesse cedere e altre città venissero conquistate, le critiche a Obama aumenterebbero in maniera esponenziale.
LO AVEVA DETTO - In ogni caso, Obama ha dimostrato di non aver avuto per nulla il polso della situazione. Un anno fa il segretario di Stato John Kerry paragonò il presidente siriano Bashar al Assad a Hitler e Saddam Hussein in interviste alla Fox e alla Nbc. Oggi, è evidente che il problema principale era un altro. Ma l’emblema dell’enorme confusione di Obama in quanto a politica internazionale è una sua dichiarazione del 21 dicembre 2013: «Grazie agli sforzi diplomatici americani, nel 2014 ci sarà un mondo più sicuro». L’impressione è che i cittadini dell’occidente non la pensino proprio così.
Giacomo Cangi
foto: qelsi.it