Intervista ad Aldo Nove, il caposcuola dei “Cannibali”

Intervista ad Aldo Nove, caposcuola dei "Cannibali", quel gruppo di scrittori che negli anni '90 ha infiammato il dibattito culturale italiano

Aldo Nove (www.minimaetmoralia.it)

Aldo Nove (www.minimaetmoralia.it)

Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure&Vegetal. Mia madre diceva che quel bagnoschiuma idrata la pelle ma io uso Vidal e voglio che in casa tutti usino Vidal. Perché ricordo che fin da piccolo la pubblicità del bagnoschiuma Vidal mi piaceva molto. Stavo a letto e guardavo correre quel cavallo. Quel cavallo era la Libertà. Volevo che tutti fossero liberi. Volevo che tutti comprassero Vidal

LA LETTERATURA CANNIBALE – Questo è l’incipit di Woobinda (Castelvecchi, 1996), il primo libro di narrativa di Aldo Nove, cui è toccato in sorte di diventare «il caposcuola dei pulp italiani», dopo aver pubblicato un racconto – Il mondo dell’amore – in Gioventù cannibale (Einaudi Stile Libero 1996), l’antologia che creò un vero e proprio movimento destinato a far parlare di sé attraverso le pagine culturali del «Corriere della Sera» e i cui massimi esponenti sono stati, con Aldo Nove, Tiziano Scarpa, Niccolò Ammaniti, Enrico Brizzi e Isabella Santacroce. Si è trattato di un fenomeno letterario «d’avanguardia», avendo come padri presunti Sanguineti e Balestrini, rappresentanti del Gruppo ’63. La scrittura dei Cannibali era «onnivora, veloce ed orizzontale, come i mezzi di comunicazione che si ritrovano nella televisione e nel cinema» (Sabina Donato, La Letteratura pulp in Italia, Osanna Edizioni, 2009 p. 59) e lo stesso Aldo Nove, in un’ intervista di Polese Ranieri datata 2004 ha detto: «Quanto ai Cannibali, dico che furono una cosa bellissima, la letteratura che si sposava con l’attualità, io, Scarpa, Ammaniti, Isabella Santacroce eravamo come dei compagni di viaggio e scrivevamo le cose che ci stavano succedendo».

L’AUTORE - Esaurita la stagione dei Cannibali, Aldo Nove – pseudonimo di Antonio Centanin, creato dal messaggio che preparò l’insurrezione di Milano nel 1945, “Aldo dice 26×1” (Nove è la somma di 2, 6 e 1) – ha continuato la sua carriera di scrittore, poeta e traduttore. Nato a Viggiù, un piccolo paese del Varesotto al confine con la Svizzera, è laureato in Filosofia;  ha scritto canzoni e testi teatrali, nonché lo slogan di una nota marca di scarpe – «Versi che calzano a pennello» -  primo caso di “letteratura sponsorizzata”.  Nove, curatore insieme a Elisabetta Sgarbi della collana di poesia InVersi della Bompiani, ha avuto bisogno di uno sponsor per vederla nascere e ha quindi inventato lo slogan dove, si vocifera, il riferimento pubblicitario è stato posto in chiave ironica per evitare lo “scandalo” che una operazione del genere avrebbe potuto arrecare.

Alla costante ricerca della rappresentazione «psichico-culturale dell’italiano medio», anche attraverso l’autobiografismo (La vita oscena, 2010; Quando un bambino piangeva, 2015), sempre teso allo sperimentalismo e all’oltranza, disponibile a farsi intervistare e a elargire amplissime risposte, davanti alle domande  di WakeUpNews ha capovolto le attese: risposte brevi, secche e  laconiche, ma sincere.

Aldo Nove (www.pennematte.it)

Aldo Nove (www.pennematte.it)

Di recente uno studio ha affermato che si passa dall’adolescenza all’età adulta a 25 anni. Dunque, i giovani d’oggi si trovano ad essere legalmente adolescenti a trent’anni, senza prospettive lavorative e privi dell’automedicazione del consumismo sfrenato e della pornografia che ha caratterizzato i vostri anni. Che ne sarà di loro (noi)?

Non lo so. Il mondo sta cambiando velocemente e questa che sembra una fase allucinatoria di stallo è di grande trasformazione. Diciamo che è mutata veloce la realtà e con essa le parole che la esprimono.

Che rapporto ha con le nuove tecnologie? E cosa pensa dei social network, dei blog, del restare sempre connessi, dei selfie?

Nulla. È il nostro mondo. È come chiedere a un pesce cosa ne pensa dell’acqua.

Scorrendo la sua biografia viene da pensare che è proprio vero il detto: “Ciò che non ti uccide ti fortifica” e – continuerei io – ti fa diventare uno scrittore, un poeta, un filosofo di estrema sensibilità e gentilezza. È così?

È una possibilità che ti è data. O gli eventi ti schiacciano, o li superi e “rinasci”. È la metafora di Pinocchio, che però non ci dice nulla di cosa sarà quell’ex burattino.

Sul suo libro La vita oscena (2010) si è detto tanto. È possibile che, dopo aver oltrepassato ogni limite immaginabile di pudore, si possa in qualche modo trovare la verità che si cercava, il senso ultimo dell’esistenza?

Certo. “Pass trhrow the fire to the light”, diceva Lou Reed in Magic & Loss, una delle sue più belle canzoni. E senza straparlare, l’intera esistenza è nel senso del calvario di Gesù Cristo, che è “trasfigurazione” (tutti ci ricordiamo della sua morte, ma meno della resurrezione).

Tutta la luce del mondo (2014). La biografia romanzata di San Francesco, la sua vita guardata con gli occhi di un bambino, suo nipote, il figlio del fratello. Un bambino piangeva (2015). Il tema del viaggio per affrontare ciò che c’è di irrisolto dentro se stessi. La “spiritualità” è proprio fondamentale nella vita di un uomo?

No. Può decidere di restare un animale. Ma il fatto è che (come nell’ultima enciclica del papa e in tutta la cultura orientale) niente è non spirituale. Ma il problema qua è che stiamo parlando di ciò che la parola non trattiene se non con il concorso attivo del lettore.

Quali consigli darebbe ad un giovane che volesse intraprendere la carriera dello scrittore?

Amare quello che fa. Farlo solo se sente che “deve”.

Mariangela Campo

@MariCampo81

 

 

 

 

 

 

 

 

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