Ingroia e la sua Rivoluzione civile: una new entry da non sottovalutare

Ingroia, Rivoluzione civile, Movimento arancione

Antonio Ingroia

Roma – L’anno nuovo è iniziato da quasi una settimana, febbraio si avvicina e con esso le elezioni politiche. Le regole del gioco rimangono quelle del Porcellum e, tanto per ricordare al popolo italiano l’inutilità di questa legge elettorale, le formazioni politiche che scenderanno in campo per contendersi la vittoria sono molteplici: il rischio che non esca fuori una maggioranza compatta in Parlamento non è per nulla una chimera. Tra le new entry, troviamo Antonio Ingroia e la sua Rivoluzione Civile.

Il magistrato in aspettativa ha ormai confermato la sua presenza alle prossime elezioni, appoggiato dal Movimento Arancione di Luigi de Magistris, dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro e altre forze di sinistra come Rifondazione comunista, i Verdi (forse) e i Comunisti italiani. Il movimento di Ingroia è nato da poco, ma sembra già aver ottenuto abbastanza seguito, come altrettante critiche.

Per quanto riguarda i consensi, bisogna far riferimento ai sondaggi, strumento che naturalmente non deve essere preso come dogma infallibile. Dai risultati, però, possono tranquillamente essere estrapolati alcuni spunti di riflessione. A metà dicembre, secondo un sondaggio di Swg per Agorà, la lista di Ingroia aveva raggiunto soltanto lo 0,5% dei consensi. Nel giro di due settimane, la percentuale sale al 5%, però questa volta la fonte è l’istituto Piepoli in esclusiva per il sito affaritaliani.it. Al primo posto, come al solito, c’è il Pd con il 33% dei voti (42% sei si considera l’intera coalizione del centrosinistra), mentre il Pdl si deve accontentare del 17% (che sommato alle percentuali delle formazioni di Crosetto e Meloni e i Fratelli d’Italia di La Russa si trasforma in un 24%). Mentre il Movimento 5 Stelle registra un calo, passando dal 14% all’11%.

Tenendo presente questi risultati con riserva, bisogna, comunque, capire il motivo di questo repentino balzo in avanti di Ingroia e della sua Rivoluzione Civile. Se si va a vedere il programma della sua lista, Manifesto io ci sto, nulla di nuovo bolle in pentola. I vari punti esposti (in totale 10) si possono trovare anche in altri programmi dell’area centrosinistra. In definitiva non è di certo per le idee che l’opinione pubblica possa appoggiare il cammino di Ingroia. Forse a rendere questo manifesto più attraente non è l’originalità, quanto il personaggio che rappresenta queste idee. In questo caso Ingroia non differisce più di tanto dall’ascesa in campo di Di Pietro nel lontano 1996. Un magistrato, reso famoso per il suo operato nel campo della giustizia, che decide di abbandonare (nel caso di Ingroia teoricamente a livello temporaneo) la toga, per dare un contributo decisivo nel migliorare il proprio Paese.

La differenza fra i due sta nel fatto che il leader dell’Idv ha sempre improntato la sua strategia politica all’insegna dell’anti-Berlusconismo, dando l’impressione, strada facendo, di non avere delle vere e proprie idee in materia. Ingroia, probabilmente, risulta essere più affidabile del suo ex collega, una faccia più pulita e il fatto che si sia sempre battuto nella lotta contro la mafia, lo rende una figura maggiormente carismatica. Bisogna tenere a mente, però, la fine che ha fatto Di Pietro: ormai il suo partito non ha più quella forza di qualche anno fa, perché in fin dei conti la politica ti trasforma. Un conto è guardarla e criticarla dall’esterno, un conto è farne parte. Il compromesso è sempre dietro l’angolo, e questo Ingroia non deve dimenticarlo. A favore di quest’ultimo, però, c’è anche l’aspetto mediatico che ha assunto in questi mesi. Con la sua partenza verso il Guatemala, su incarico dell’Onu per assumere il ruolo di direttore dell’unità investigativa per la lotta al narcotraffico, per molti Ingroia rappresenta l’eroe incompreso costretto a fuggire dal proprio Paese e che ora sta tornando per far trionfare, finalmente, la Giustizia.

Ingroia, Rivoluzione civile, Movimento arancione

Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro

Altro aspetto da considerare che potrebbe portare Ingroia, non tanto a vincere le elezioni, quanto a superare lo sbarramento in Parlamento, gira attorno agli elettori. Questi ultimi potrebbero essere raggruppati in quella categoria di disillusi della sinistra, escludendo quella fetta di estimatori del magistrato palermitano di vecchia data. La Rivoluzione Civile, infatti, rappresenta per molti cittadini un’alternativa o una mano scesa dal cielo: in preda ad una crisi mistica in vista delle elezioni di febbraio, ora hanno, finalmente, qualcuno per cui votare senza avere l’impressione di buttare il proprio voto. Per altri rappresenta un modo per non scendere a compromessi: parliamo di tutti quelli che avrebbero optato per il M5S o per la coalizione di centrosinistra, soltanto per non impedire la vittoria del centrodestra o della nuova lista di Monti e compagnia bella. Per non parlare di tutti quelli che stavano pensando di fare dell’astensionismo la nuova forma di protesta politica.

Le critiche, però, non mancano, come giusto che sia, quando un movimento appena nato sembra rappresentare una speranza per una parte dell’opinione pubblica. Sono molti gli intellettuali del nostro Paese (vedi Luciano Gallino, Ugo Mattei, Paul Ginsborg) che hanno detto chiaramente di non condividere alcune scelte fatte da Ingroia, soprattutto in riferimento alla sua alleanza con Idv, Rifondazione comunista e Comunisti italiani. Il timore è che, così facendo, possa prendere forma una sorta di Arcobaleno 2.0, che non ebbe grande fortuna nello scenario politico italiano. Anche Beppe Grillo chiude le porte alla Rivoluzione civile, quando nel suo blog scrive: «un minestrone con tre partiti che non hanno da soli alcuna possibilità di superare lo sbarramento elettorale». Parole, forse, dettate dal timore (non infondato) di vedere scappare molti consensi in direzione di Ingroia.

Naturalmente si tratta semplicemente d’ipotesi fondate su dei sondaggi, ma se la lista di Ingroia dovesse ottenere quella percentuale tale da entrare a testa alta in Parlamento, potrebbe prendere vita uno scenario da molti politici inaspettato. Se dovesse o meno allearsi con il M5S, ci sarebbe comunque un’opposizione degna di questo nome. A quel punto i vari Monti, Bersani o chicchessia alla guida del Paese, dovranno rivalutare le loro strategie.

Giorgio Vischetti

@GVischetti

foto|| ilsole24ore.com; bisceglielive.it; tmnews.it

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