
In volo a Tel Aviv per ricordare Vittorio Arrigoni
Roma – Il 15 aprile dello scorso anno a Gaza è stato assassinato Vittorio Arrigoni, il giornalista e attivista italiano che dal 1995 viaggiava per il mondo sposando i principi della cooperazione umanitaria.
Per ricordare il lavoro di Arrigoni, e di tutti quelli che come lui si dedicano all’attivismo e al volontariato soprattutto nell’area israelo-palestinese, domenica 15 aprile 2012 una missione straordinaria partirà in aereo alla volta di Tel Aviv per raggiungere poi i territori palestinesi occupati.
La missione internazionale – del tutto autogestita e autofinanziata – si chiama Benvenuti in Palestina e vedrà la partecipazione di una delegazione italiana insieme a centinaia di attivisti, e famiglie intere, provenienti non solo da vari Paesi europei, ma anche americani.
Lo scopo è – secondo l’appello lanciato dalla ong Eje, Education, jeu et enfant – affermare il diritto alla libertà di circolazione impedita dallo Stato israeliano e, ovviamente, il diritto alla libertà dei palestinesi.
Ad accogliere la folta delegazione internazionale all’aeroporto di Tel Aviv – città che, ricordiamo, si trova in territorio israeliano – ci sarà un gruppo di israeliani contrari all’occupazione, mentre i palestinesi incontreranno la missione presso la Casa della Pace di Betlemme, per poi spostarsi a Beit Jala – che come Betlemme ospita diverse strutture educative di diverse confessioni – dove verranno organizzati i gruppi di lavoro per partecipare a vari progetti in favore del popolo palestinese.
Tra i progetti che verranno portati avanti ricordiamo la costruzione della Scuola Internazionale di Palestina – che ha lo scopo di offrire di nuovo ai giovani palestinesi il diritto all’istruzione e alla formazione professionale – e la ristrutturazione di infrastrutture preesistenti: la scuola materna Il Piccolo Principe e i pozzi nella regione di Betlemme.
Non manca l’attenzione per la cultura e l’ambiente: la missione punta anche a realizzare un museo sulla storia dei rifugiati palestinesi nel campo di Aida – a Betlemme – e la messa a dimora di alcuni alberi nel villaggio di Beit Ommar, noto per essere uno dei luoghi in sembra che i coloni residenti in Cisgiordania versino le proprie acque di reflue.
C’è da aspettarsi tensioni viste le reazioni suscitate dalle precedenti missioni internazionali atte a difendere i diritti del popolo palestinese – come nel caso delle due Freedom Flotilla e della Gaza Freedom March, oltre al lavoro della Cooperazione Internazionale – e le posizioni israeliane potrebbero da un momento all’altro causare incidenti diplomatici di varia entità, soprattutto nel caso di una reazione di qualsiasi tipo da parte delle forze di sicurezza.
Del resto i primi disagi “logistici” hanno già fatto capolino. Sembra infatti che la compagnia aerea Lufthansa ieri abbia comunicato ad alcuni attivisti che avevano prenotato il volo che la prenotazione era da considerarsi annullata perché «Israele ha prodotto una lista di nomi di persone alle quali questo Paese proibisce l’ingresso. Il vostro è fra questi, il che ci induce ad annullare il vostro biglietto, e noi lo rimborseremo immediatamente sulla vostra carta di credito».
Il punto è che a essere nella lista nera degli indesiderati – comunicata dalla autorità israeliane alle compagnie aeree – sono anche persone che avrebbero dovuto recarsi a Tel Aviv indipendentemente dalla missione, insomma, gente che con ha proprio nulla a che fare con l’iniziativa Benvenuti in Palestina, ma che Israele ha preventivamente infilato nell’elenco perché “non si sa mai” e sarebbero 376 i nomi compresi in questa lista, almeno secondo quanto diffuso dal network israeliano Infolive.
Intanto mentre gli attivisti preparano la partenza, sfidando – come abbiamo visto – anche impedimenti fisici, il governo israeliano ha mobilitato 650 agenti delle forze di sicurezza per affrontare i quasi duemila manifestanti che atterreranno a Tel Aviv.
«Le Autorità israeliane hanno segnalato che in concomitanza con manifestazioni organizzate attorno al 30 Marzo e ed al 15 Aprile prossimi, saranno intensificati i controlli all’ingresso in Israele e sono ipotizzabili fermi di sicurezza precauzionali nei confronti dei viaggiatori stranieri. E’ inoltre possibile che le manifestazioni in questione portino a sensibili incrementi dei tempi di sosta e percorrenza, soprattutto nell’aeroporto di Tel Aviv e nella città di Gerusalemme. Forti turbative dell’ordine pubblico potrebbero inoltre verificarsi nella zone immediatamente adiacentila Siria, il Libano, i Territori palestinesi (inclusala Striscia di Gaza) e l’Egitto» così avverte i viaggiatori italiani il sito Viaggiare Sicuri.
Nemmeno questa missione internazionale servirà a qualcosa, ormai sono anni che la società civile di tutto il mondo e a più livelli si mobilita per cercare una soluzione pacifica al conflitto, in particolare è strenua la resistenza dei filo palestinesi, ma nel corso degli anni l’attivismo ha spesso peggiorato la situazione, creando nuove divisioni e cesure ancor più nette, tanto che non sono pochi i casi in cui l’essere filo “qualcosa” divenga poi pretesto per essere del tutto ostili ad altro.
Arrivati all’attuale stato di cose continuare a puntare il dito sulle colpe di ciascuno non può che essere controproducente e le continue recriminazioni – da entrambe le parti – rallentano ulteriormente un eventuale pacificazione.
Si deve per forza essere filo israeliani o filo palestinesi? Non è contemplata una terza opzione che svilisca questo dualismo? A un certo punto sarebbe necessario ricordare che due torti non fanno una ragione.
Francesca Penza