
Il servizio pubblico che risparmia: 7 inviati Rai per Renzi a New York
La Rai invia un'armata di 7 giornalisti per seguire il viaggio del premier Renzi a New York. Così il servizio pubblico stringe la cinghia
Si fa presto a parlare di “Spending review”: piano finalizzato alla riduzione degli sprechi e al miglioramento del bilancio nazionale. Si fa un po’ meno presto a convincersi che le cose seguiranno realmente tali rosei progetti di salvataggio finanziario. A dissuaderci dalla credibilità della nota e rimaneggiata filastrocca “tagli mirati e spese contenute”, da il suo contributo la Rai. Sette i giornalisti inviati dalla Radiotelevisione Italiana negli Stati Uniti, col preciso scopo di registrare scrupolosamente la partecipazione del premier, Matteo Renzi, all’assemblea Onu a New York.
L’AZIONE ECONOMIZZATRICE DELLA RAI – Renzi, che dall’alto del sua fantasiosa visione del Paese, aveva dichiarato di volere: «una Rai più snella, con meno sprechi, meno ossessionata dal solito pastone politico, meno preoccupata dalle battute dei politici carpite di corsa», sarà senz’altro entusiasta di vedersi accerchiato da ben sette microfoni del servizio pubblico. Stiamo certamente parlando di una troupe ben organizzata, formata da cinque giornalisti – Tg1, Tg2, Tg3 Rainews 24 e Grr (Giornale Radio Rai), nessun escluso – a cui si aggiungono due corrispondenti esteri, Tiziana Ferrario e Giovanna Botteri e gli immancabili operatori di macchina. Ma, di fatto, ha tutta l’aria di una «spedizione da fare invidia alla delegazione diplomatica cinese», come affermano giustamente Ferruccio Sansa e Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano. Un tantino eccessiva, verrebbe da dire; no?
LA REPLICA DELLA RAI – La Radiotelevisione Italiana si difende: «Le due corrispondenti seguono il Pontefice, serviva chi coprisse la visita del primo ministro. E nessuno vuole rinunciare a un’immagine del premier». Viale Mazzini tenta di arrampicarsi sugli specchi; probabilmente per frenare sul nascere un fastidioso rewind. Quel che la Rai ha temuto di rivivere è la polemica innescata in occasione del G20 del novembre 2014, quando le casse pubbliche sborsarono ben 60 mila euro per poter seguire l’evento. Del resto è così che la Rai stringe la cinghia.
Antonietta Mente
@AntoMente