Il nuovo farmaco che fa regredire il tumore al seno

Scoperta una nuova cura per il tumore al seno grazie a un nuovo medicinale, utilizzato in combinazione con la terapia ormonale

tumore al seno

Il nuovo farmaco che fa regredire il tumore al seno

Una nuova scoperta in campo medico nella cura al tumore al seno. Si tratta di un nuovo medicinale che, somministrato in combinazione con la terapia ormonale, permette a un terzo delle pazienti di riscontrare una regressione del tumore. Il farmaco è stato registrato anche in Italia.

UN TRATTAMENTO BEN TOLLERATO – Sabino De Placido, direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, ha spiegato gli effetti del farmaco sulle pazienti affette da tumore al seno: «L’associazione ha mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione rispetto alla sola terapia ormonale, con una qualità di vita in termini di tossicità sovrapponibile tra i due schemi di trattamento. Questo si traduce nella possibilità di trattare in maniera efficace le pazienti con un trattamento orale e ben tollerato, posticipando l’approccio chemioterapico a quando il tumore progredirà ulteriormente». Aggiungendo: «Il fatto poi che gli effetti collaterali di questa terapia siano ben sopportati fa sì che questa opzione possa essere particolarmente valida per le pazienti che potrebbero non tollerare trattamenti tossici, quali la chemioterapia, le pazienti anziane o con altre patologie associate».

EFFETTI COLLATERALI, NO PROBLEM – Il farmaco, a bersaglio molecolare everolimus, va a bloccare la proteina mTor rallentando lo sviluppo del tumore al seno e diminuendo la sua resistenza alla terapia ormonale. A confermare l’importanza della scoperta nell’ambito delle cure al tumore al seno è Paolo Pronzato, direttore dell’Oncologia Medica A al San Martino – Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, che afferma: «Si è potuto constatare che si mantiene una migliore qualità della vita per un periodo più lungo con l’associazione del nuovo farmaco. Le tossicità di everolimus sono specifiche e gli oncologi le conoscono già per l’impiego consolidato in altre neoplasie come il carcinoma renale e i tumori neuro-endocrini. Per cui la consolidata capacità di gestione ottimale degli effetti collaterali permette di sfruttare appieno le potenzialità della nuova cura».

Gian Piero Bruno

@GianFou

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