
Il mio nome è Khan, e non sono un terrorista
”Esistono due tipologie di persone: le persone buone, che fanno solo cose buone. E le persone cattive, che fanno solo cose cattive. Questa è l’unica differenza che c’è tra le persone. L’unica”.
La vita è fatta di semplici precetti come questo, che una madre amorevole ha insegnato a suo figlio per fargli capire la differenza tra il bene e il male. Perchè Rizvah Khan, affetto dalla sindrome di Asperger, ha più difficoltà di altri a distinguerlo. Saranno proprio quelle parole a guidarlo nella vita, rendendolo un uomo dalla purezza e dalla semplicità straordinaria. Soprattutto dopo essere cresciuto in una famiglia indiana di religione musulmana ed essere approdato negli Stati Uniti, la terra della democrazia dove tutti i sogni possono avverarsi.
E in America Khan conosce la bellissima Mandira, di cui si innamora perdutamente e dalla quale è presto ricambiato per l’incredibile umanità e sicurezza che lui ispira. E ne nasce un’unione perfetta, anche se lei indiana , segue i culti religiosi originari del suo paese. Ma in amore non ci sono differenze, e sembra prospettarsi un futuro più che roseo. Fino a quando, due aerei non abbattono le Twin Towers, cambiando drasticamente le loro vite. “Il mio nome è Kahn , e non sono un terrorista”: questo Rizvah decide di dire nientemeno che al presidente degli Stati Uniti per salvare il suo matrimonio dopo che sua moglie, sconvolta dal tanto meschino odio razziale generato dopo il terribile evento, l’ha scacciato via dalla sua vita.
“Il mio nome è Khan” è un film su amore più forte di ogni discriminazione e un insegnamento morale alla solidarietà in un mondo che come detto nella pellicola, dopo la suddivisione tra avanti e dopo Cristo, si divide ulteriormente “in prima e dopo l’11 settembre”. Karan Johar ha messo in campo una storia a tratti commovente (ma comunque divertente e attiva in numerosi punti), portando sullo schermo il cinema Bollywoodiano troppo spesso considerato di livello più basso rispetto a quello occidentale. E pur con qualche esagerazione e colpi di scena un po’ scontati, la trama cattura e genera numerosi spunti di riflessione.
In particolare, gli attori in campo, anzi l’attore. Saha Rukh Khan, la cui interpretazione è stata a dir poco straordinaria. Carismatico, affascinante e soprattutto credibile. E’stato sorprendente vedere un professionista lavorare a fondo per fare cose fuori del comune e non restare colpiti dalla semplicità che riesce ad esprimere. Rizvah Khan è l’uomo che è speciale perché nella sua ordinarietà vede le emozioni allo stato puro, così come andrebbero comprese senza pregiudizi. Non era facile comportarsi come un uomo affetto da una sindrome così particolare: “Mi ha aiutato la lettura de Il curioso caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon” – ha dichiarato Saha Rukh – “che parla di bambini affetti da sindrome di Asperger. Ho visto poi documentari sul tema e molti film, ma l’obiettivo era non ripetere quello che avevo già visto”.
Aggiungendo poi un ulteriore commento sul successo del film e l’ascesa del cinema indiano in generale: “Il nostro paese e’ stato l’unico a non farsi invadere da Hollywood e questo e’ dovuto al fatto che noi abbiamo conservato uno star system”.
Accanto al bravissimo Rukh, Kajol si è rivelata un ottima scelta nel ruolo femminile di Mandira: ragazza molto bella e dal sorprendente carisma, ha mostrato anche un ottimo lato sensibile (tuttavia spesso ha calcato un po’ la mano nelle scene di maggior intensità). Dovendo entrare in una condizione complessa , quella di una donna innamorata contro ogni veto e proibizionismo, è riuscita davvero a svolgere un ottimo lavoro.
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