Il fascino dell’antico nell’arte da Raffaello al Neoclassicismo

Al Museo Nazionale Romano, fino all’11 marzo, un ciclo di conferenze sul tema dell’antico

di Laura Dabbene

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Statua di Afrodite accovacciata con delfino Copia di età romana degli inizi del II sec. d.C. Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps

ROMA –  Nel 1967 lo storico Arnaldo Momigliano così spiegava agli studenti liceali perché si studia la storia antica: le tracce nel nostro passato, nel paesaggio come nella lingua, sono così forti da obbligarci a studiarlo per capire una parte importante di noi stessi.

L’evidenza del concetto è massima nelle opere d’arte e su questo tema si focalizza una serie di incontri, nella sede museale di Palazzo Altemps a Roma. Docenti universitari e rappresentanti delle Soprintendenze o del Ministero per i Beni e le Attività culturali interverranno per mostrare come l’arte antica, continua fonte di ispirazione e modello di valori formali e morali, abbia permesso un costante rinnovamento del lessico artistico, dal XV al XVIII secolo.

L’uso dell’arte antica come modello non fu certo esclusiva, né originaria, del Rinascimento, ma le radici di tale pratica affondano nell’età medievale. Dall’epoca carolingia all’arte romanica, fino all’esperienza della scultura duecentesca di Nicola Pisano e della pittura di Giotto nel Trecento, vi furono sempre casi di ripresa consapevole dell’antico, anche se si dovette attendere il Quattrocento, ed il genio di personaggi come Leon Battista Alberti, perché il ricorso a tali exempla diventasse più metodico e costante. L’Umanesimo elesse l’arte classica come linguaggio universale di formule e gesti in grado di rappresentare al meglio la natura, il movimento, la profondità spaziale, ma anche i sentimenti e le passioni umane.

Non è casuale che molti degli appuntamenti a Palazzo Altemps, tra cui quello del 4 febbraio, vertano sulla figura di Raffaello e sulla sua bottega. L’artista urbinate fu tra i più abili ad attingere all’arte antica assimilandola al punto di diventare egli stesso modello di riferimento. Per incarico del pontefice Leone X studiò e misurò le rovine romane, che poi tradusse in pittura nelle grandiose quinte architettoniche degli affreschi nelle Stanze vaticane. Proprio l’interesse per le rovine dell’epoca romanacostituì la base della cultura antiquaria di età barocca: alla figura di Cassiano del Pozzo e al suo ambizioso progetto di costruire un Museo cartaceo, primo corpus generale delle antichità poste in disegno, sarà dedicata la conferenza del 25 febbraio.

Con il Neoclassicismo il richiamo ai modelli del passato divenne elemento chiave di un progetto di rinnovamento morale e politico della società intera attraverso l’arte, ideologicamente parallelo a quello dei fondatori dell’Encyclopédie e degli uomini politici che guideranno la Rivoluzione francese. Nel XVIII secolo l’idea dell’arte antica, soprattutto greca, come linguaggio universalmente condiviso sarà diventata forte al punto da trasformarne le forme in un repertorio pronto al riuso immediato: nella conferenza di conclusione si parlerà infatti delle decorazioni d’interni dei palazzi neoclassici desunte dalle cosiddette grottesche.

Palazzo Altemps

Gli approfondimenti proposti a Palazzo Altemps non andranno oltre il Settecento, ma il fascino dell’antico e del classico non cessò certo con il secolo XVIII. Esso seppe nutrire con le sue suggestioni l’arte e gli artisti ancora nel Novecento, come nell’architettura modernista degli anni Venti, ed oggi continua ad essere evocato, anche se su scala diversa, nella citazione kitch di certo immaginario pubblicitario o cinematografico. Perché l’antichità torni ad essere stimolo propositivo per l’arte contemporanea, e non solo citazionismo preconfezionato, può essere linea guida quanto disse Novalis: “L’antichità non ci è data in consegna di per sé – non è lì a portata di mano; al contrario, tocca a noi saperla evocare”.

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