
Il bilancio del semestre europeo di presidenza italiana

Parlamento europeo, simbolo dell’Ue
ROMA - Il semestre europeo di presidenza italiana è ormai praticamente giunto alla sua conclusione. Venerdì, con lo svolgimento del vertice che ha visto riuniti tutti i capi di Stato in sede di Consiglio europeo a Bruxelles, si è chiuso formalmente anche quest’ultimo spaccato politico, iniziato a luglio e destinato ufficialmente a durare fino al 31 di dicembre.
AL LARGO DA VALUTAZIONI TROPPO STRINGENTI - Semestre condito di particolare entusiasmo, forse, ma di illusioni, in fondo nemmeno troppe. Anche perché nonostante le numerose e variegate dichiarazioni proposte all’inizio della presidenza, ribadite dal premier italiano Matteo Renzi, e pubblicate sulle relazioni ufficiali presentate in sede europea in cui venivano esposte le linee generali del programma che l’Italia si dichiarava allora intenzionata a mettere in atto, si era già praticamente certi della difficoltà di imporre una svolta particolarmente evidente alle politiche europee nel suo complesso, e ancora meno a quelle italiane nella sua particolarità. Anche per queste ragioni risulta abbastanza arduo tratteggiare una valutazione vera e propria di ciò che ha infine partorito questa guida italiana: i compiti infatti della presidenza di turno non sono altro che quelli di coordinare, in maniera possibilmente imparziale ma non per questo senza far sentire la propria voce o mettere in campo le proprie idee, le attività del Consiglio europeo; quindi proporre alcuni argomenti principali sui quali agire durante tale periodo, e possibilmente condurre, cioè indirizzare, le politiche dell’intera unione a partire dalla propria visione offerta. Ma non è però nemmeno del tutto affermabile che questo non sia, almeno in piccola parte, successo.
La peculiarità di questa presidenza è stata quella di coincidere proprio con l’inizio della nuova legislatura europea, che resterà in vigore per i prossimi cinque anni. Da quest’evento, che ha visto insediarsi Juncker alla presidenza della Commissione europea, il partito Democratico di Renzi ne è uscito molto rinsavito, addirittura come il gruppo politico con il maggior consenso di tutta Europa, capace di porsi alla testa dell’ala socialista, e facendo concorrenza diretta persino alla fortissima coalizione tedesca capeggiata da Angela Merkel. In questo modo l’Italia ha obiettivamente recuperato una notevole credibilità dal punto di vista politico, e la nomina di Mogherini a Lady Pesc, nonostante non risulti ancora una carica molto influente per il fatto che l’Ue non dispone di un’unione militare e quindi nemmeno di una politica estera comune, è l’unica tra tutti gli incarichi a non essere sottoposto alle decisioni del Consiglio europeo. Quindi tutto sommato, se si guarda alla situazione italiana prima delle elezioni, si può annotare questo come un primo risultato positivo.
TANTI TEMI, TRA LUCI ED OMBRE - Il secondo maggior risultato è stato messo in luce dal ministro Padoan in questi giorni, e riguarda la questione del piano di investimenti promosso da Juncker. Se ne è parlato molto, e negativamente, in particolare per lo scetticismo di parecchi a proposito della difficoltà della cosiddetta leva finanziaria di moltiplicare, attraverso l’ausilio di fondi privati, di almeno 15 volte la quantità di investimenti pubblici promossa, attraverso un meccanismo di project financing che dovrebbe trasformare i 21 mld di investimento iniziali in 350 finali effettivi. Il che ha lasciato con l’amaro in bocca almeno quelle parti politiche che da tempo auspicano un più incisivo intervento della Bce nell’incentivare un possibile rilancio economico attraverso un piano di politica monetaria espansiva. Quello che sottolinea però il ministro Padoan non è tanto la fattibilità o meno del progetto, ma il cambiamento di atteggiamento più propriamente “politico” che la presidenza italiana è riuscita a dare all’intero orientamento europeo: che cioè non si parla più soltanto di rigore, austerità, e consolidamento di bilancio, ma di crescita, investimenti e rilancio. Anche se da qui a prendere in considerazione la famosa e tanto sbandierata flessibilità, sembrerebbe che ancora ce ne voglia. Ma nel caso il piano Juncker riuscisse ad avere risultati anche solo in parte positivi, potremmo in fondo persino soprassederne.
Per quanto riguarda la questione immigrazione, che insieme all’occupazione rappresentava il punto forte del programma italiano all’inizio del semestre, il ministro Alfano e il gruppo Ncd si dichiarano soddisfatti del passaggio dall’operazione Mare Nostrum al progetto Tritone, che non vede più coinvolta in maniera isolata l’Italia, ma che otterrà piuttosto un aiuto dagli altri Stati membri attraverso l’agenzia Frontex. Anche se i risultati dal punto di vista umanitario non sono ancora di certo positivi, con il numero di arrivi sempre piuttosto alto, e le condizioni degli migranti del tutto, e tragicamente, precarie.
Per la questione occupazione, al di là del cambio di paradigma sugli investimenti a livello europeo, ovviamente in Italia c’è ancora tragicamente “da lavorare”, e non è un gioco di parole. Stessa cosa sull’argomento “made in”, il cui regolamento a tutela dell’origine dei prodotti è ancora fermo in Consiglio europeo, e si vocifera che lo sia per mano tedesca. Sembra positivo invece l’esito del negoziato sui cambiamenti climatici, che traccia le prime linee guida in vista del vertice di Parigi del prossimo anno, e quello sugli Ogm, che lascia libera scelta ai singoli Stati sulla posizione da assumere in merito.
Le questioni sul banco sono quindi queste, e molte altre, come d’altronde gli eventi che si sono susseguiti in questi mesi. E non sappiamo se in fondo anche il fatto che la visita di Papa Francesco a Strasburgo sia avvenuta proprio in coincidenza del semestre italiano non si possa anche questo annoverare tra i piccoli, ma concreti, successi. In queste ore stanno avendo luogo gli ultimi incontri, dai quali non si escludono altre novità, anche se tutto sommato i giochi sembrano ormai fatti. Tra luci e ombre, nel suo complesso. E tra timidi successi, ma anche tra angoscianti situazioni ancora irrisolte.
Francesco Gnagni
Delle tematiche europee e di semestre italiano di presidenza si è discusso anche durante i seminari promossi da TIA formazione, il cui ultimo corso in Giornalismo e politiche europee si è svolto proprio all’insegna del tema del semestre europeo. Nel mese di gennaio avrà inoltre luogo la seconda edizione del corso, svolgendosi in cinque date che si protrarranno fino al mese di Maggio, e che avranno luogo a Roma. Il bando del corso è consultabile al seguente link.
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