Il batterio della gonorrea resistente ai farmaci: cambia la cura

Gli esperti di salute pubblica dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlanta hanno constatato che la gonorrea, una delle più comuni e pericolose malattie a trasmissione sessuale, ormai è resistente a tutti i farmaci tranne a uno.

La gonorrea – causata dal batterio Neisseria gonorrhoeae – si trasmette attraverso rapporti sessuali non protetti, ma spesso risulta asintomatica. Laddove invece  si manifestino, i sintomi – come bruciore localizzato o prurito, dolore addominale, urine scure e maleodoranti, perdite intime – sono il più delle volte confusi con altri problemi. Questo aumenta notevolmente la pericolosità dell’infezione poiché, se non trattata debitamente, può dare origine a complicanze più o meno gravi tra cui la sterilità, infezioni interne e un aumentato rischio di contrarre il virus Hiv.

Essenziale diventa dunque non solo un’attività sessuale responsabile, per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili tra le quali si annovera pure la clamidia, ma anche i test di screening per la diagnosi precoce.

Attualmente, le cefalosporine sono gli antibiotici comunemente utilizzati per contrastare la malattia: la prima scelta ricade sempre sullo cefixime orale. Eppure per i 700,000 nuovi casi di gonorrea che si verificano ogni anno, occorre cambiare terapia: il batterio responsabile è diventato resistente al farmaco di uso comune e deve essere abbandonato come strategia di cura.

D’ora in avanti solo una combinazione di medicinali potrà essere efficace. Due antibiotici e iniezioni di cefalosporina per prevenire la resistenza: il Cdc raccomanda come nuovo trattamento ceftriaxone 250 mg in dose singola per via intramuscolare, più azitromicina 1 g per via orale in dose singola o doxiciclina 100 mg per via orale due volte al giorno per 7 giorni. Passata una settimana si può verificare l’avvenuta guarigione attraverso un test.

Tuttavia il timore che la resistenza del batterio persista, rimane. «Siamo molto preoccupati per la possibilità che emergano ceppi resistenti a tutti i farmaci – spiega Robert Kirkaldy, un epidemiologo del Cdc -, questo cambiamento nelle cure dovrebbe scongiurare il pericolo.»

Giulia Dell’Uomo

Foto homepage via: informazione.it

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