
I social network e la crociata contro l’anonimato
Roma – C’era una volta un sociologo canadese di nome Evring Goffman che, distinguendo tra palcoscenico e retroscena, faceva presente come l’individuo fosse portato ad indossare diverse maschere in base alle situazioni che si trovava ad affrontare nelle interazioni sociali.
Il mondo del web, nello specifico i social network, meglio si presta a dar seguito alle parole del sociologo, dando la possibilità all’utente di non svelare la propria identità permettendogli in molti casi di far passare un’immagine di sé del tutto difforme da quella reale. Come non ricordarsi delle vecchie (ma non defunte) chat room in cui era quasi d’obbligo registrarsi con un nickname, proprio per rendere più accattivante il proprio alter ego, passando ore e ore a conversare con altri utenti, spesso con il dubbio esistenziale sul sesso della persona con cui si parlava.
Ora, sembra che tutto questo stia per cambiare. Infatti, l’utilizzo del vero nome si è trasformato in pretesa da parte di Facebook e Google+, con quest’ultimo che già si è attivato nella cancellazione di migliaia di profili legati a nomi di fantascienza, pseudonimi o nomi troppo lunghi.
La notizia ha naturalmente scatenato l’ira del popolo della rete: in molti sono fautori dell’anonimato anche per motivi un po’ più complessi rispetto ad una semplice esigenza artistica e di originalità.
Gli utenti che utilizzeranno pseudonimi o soprannomi s’imbatteranno nella sospensione dell’account. Unica eccezione alla regola: il profilo deve raggiungere una certa soglia di popolarità in rete.
La battaglia contro gli pseudonimi è già iniziata con You Tube in America. Il popolare sito di video sharing, infatti, ha sollecitato gli utenti registrati su Google+ a commentare i video con il proprio nome a discapito del nickname con cui sono registrati. Nulla di obbligatorio, ma in caso di rifiuto bisogna giustificarlo su una schermata che presenta diverse opzioni tra cui: «non posso usare il mio vero nome» o «non sono sicuro, deciderò più avanti».
Per quanto riguarda, invece, la creatura di Mark Zuckerberg, dalla Germania giunge la notizia che anche Facebook si stia muovendo nella stessa direzione: agli utenti verrà mostrata una schermata che consentirà di mandare alla società alcuni dettagli su alcuni contatti iscritti al social network, capendo se il profilo fa riferimento ad un nome reale o meno.
Ancora nulla di certo, ma qualche settimana fa Randi Zuckerberg, sorella di Mark e direttrice marketing di Facebook, ha dichiarato in merito: «Credo che l’anonimato su Internet debba sparire. Le persone si comportano decisamente meglio quando in gioco ci sono le loro identità reali. La gente si nasconde dietro l’anonimato, convinta di poter dire di tutto come a porte chiuse».
Il motivo alla base della crociata indetta dai social network, almeno a detta loro, sta nella volontà di responsabilizzare gli utenti, prevenendo i commenti volgari ed offensivi. Non bisogna dimenticarsi, però, dell’aspetto economico legato ad una politica contro l’anonimato in rete: le abitudini sul web di persone reali e identificabili possono essere monetizzate.
Per provocazione l’artista tedesco Tobias Leingruber ha creato un Social ID Bureau, che gli utenti di Facebook possono utilizzare per creare un vero e proprio documento d’identità con tanto di logo del social network. L’idea, però, è stata presa sul serio: l’ingegnere, sempre di origine tedesca, Moritz Tolxdorff è chiaramente intenzionato a dar vita alla Goggle+ ID Card.
L’amante dello pseudonimo ha ancora delle potenziali vie di fuga, potendosi rifugiare in altre comunità online come 4chan o Twitter. Potenziali perché proprio un anno fa la polizia britannica ha chiesto proprio al social network creato da Jack Dorsey di invitare i propri utenti ad utilizzare i loro veri nomi. Lo stesso vale (anche se in questo caso è obbligatorio) in Cina, dove chi vuole iscriversi a Weibo, versione cinese di Twitter, non può utilizzare un’identità fittizia.
Anche la Corea del sud ha varato una norma a riguardo nel 2007 (ritirata immediatamente dopo) con scarsi risultati.
Altro escamotage, che sta avendo grande successo, è il sito Fake name generator: scegliendo nazionalità del nome, il paese di residenza, il sesso e la fascia di età è il sistema genera un nome ed un cognome seguito da informazioni dettagliate come il gruppo sanguigno, indirizzo e numero telefonico.
Nel nostro Paese per ora si può stare tranquilli a riguardo, anche se l’eventualità non è per nulla remota, come ha fatto sapere Google Italia. Non dimentichiamoci la proposta di legge per la regolamentazione di internet proposta nel 2009 da Gabriella Carlucci, che aveva tra le sue finalità proprio quella di combattere l’anonimato sul web.
Ora, bisogna capire fino a che punto i vari social network porteranno avanti questa battaglia; se arriverà un momento in cui saranno costretti a fare marcia indietro, tenendo in considerazione il fatto che gli utenti che navigano ogni giorno su internet sono miliardi, e molti di loro non si limitano a semplici post o “cinguettii” di protesta. Nella mente di molti la parola “Anonymous” non rievoca soltanto il ricordo di una pellicola cinematografica.
Giorgio Vischetti
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