
Greenpeace contro Adidas, Nike, Puma: merchandising Brasile 2014 tossico
Greenpeace contro Adidas, Nike e Puma per il merchandising dei Mondiali Brasile 2014 risultato tossico alle analisi disposte presso alcuni laboratori indipendenti. In particolare le sostanze più pericolose sono state rinvenute nel pallone ufficiale dei Mondiali “Brazuca” e sulle scarpe da calcio “Predator” della Adidas. Su queste sono stati rilevati livelli di PFC (perfluorocarburi) di ben 14 volte superiori ai limiti stabiliti dalla stessa azienda.
PALLONE, SCARPE E GUANTI DI BRASILE 2014 – Che la “moda sia tossica” Greenpeace lo dice da sempre, così come da sempre combatte la lunga battaglia contro i grandi marchi che spesso utilizzano sostanze pericolose nei loro prodotti. Ora sulla lente d’ingrandimento finiscono le aziende più prestigiose del mondo sportivo, tutte in prima fila nella sponsorizzazione dei mondiali di pallone in Brasile. Su 17 delle 21 scarpe da calcio e sulla metà dei guanti da portiere testati sono stati trovati PFC ionici come i PFOA (acido perfluoroottanoico). E se nelle scarpe Adidas Predator si è riscontrato il livello più alto di questa sostanza, nella classifica la nota multinazionale tedesca non è sola: dopo di lei troviamo le scarpe “Tiempo” prodotte dalla Nike (5,93 microgrammi di PFOA per metro quadro).
MERCHANDISING PERICOLOSO - Le analisi sono state svolte da diversi laboratori indipendenti che hanno trovato sostanze chimiche come perfluorocarburi (PFC), nonilfenoletossilati (NPE), ftalati e dimetilformammide (DMF) nei prodotti di Adidas, Nike e Puma. Sostanze che rendono questo tipo di merchandising pericoloso e tossico perché potenzialmente cancerogene. «Adidas e altri marchi, che vestono i più grandi calciatori del mondo, promuovono i prossimi Mondiali di calcio con toni quasi eroici ma le nostre analisi dimostrano che l’azienda sta giocando davvero sporco» denuncia Chiara Campione, responsabile campagna Detox di Greenpeace Italia.
GREENPEACE CONTRO I GRANDI MARCHI - Altri risultati che lasciano perplessi sono stati riscontrati nella stampa al plastisol di una maglietta da calcio Adidas (15 per cento di ftalati ) realizzata e venduta in Argentina e sul cinturino di un paio di guanti da Puma (6 per cento di ftalati) prodotti in Ucraina e venduti in Italia. Dati che contrastano le politiche aziendali di queste aziende in quanto superano i limiti che gli stessi marchi hanno fissato. Ftalati e dimetilformammide (DMF) nocivi se a contatto con la pelle, sono stati rilevati in tutte le 21 scarpe da calcio analizzate.
IL PALLONE ‘TOSSICO’ - Tra tutto il merchandising “tossico” riscontrato da Greenpeace forse quello che colpisce più è il pallone ufficiale della Coppa del Mondo ‘Brazuca’, contaminato da nonilfenoletossilati (NPE), sostanza spesso impiegata in vari processi industriali fra cui il tessile che può danneggiare il sistema ormonale, lo sviluppo sessuale e il sistema riproduttivo. Il nonilfenolo è persistente perché non si degrada facilmente e bioaccumulante perché si accumula lungo la catena alimentare.
«Nonostante i loro impegni per l’eliminazione delle sostanze tossiche dalle proprie filiere e dai loro prodotti siamo costretti a dare un cartellino rosso ad aziende come Nike. Adidas e Puma. Credo che tutti quanti, dalle comunità locali che si vedono contaminata l’acqua dalle industrie tessili, ai giocatori, fino ai tifosi pensino che lo sport debba essere pulito e se c’è qualcosa da prendere a calci sono le sostanze chimiche pericolose che intossicano il calcio e le riserve idriche globali» conclude Campione.
Redazione