
Una giovane blogger svela gli scheletri nell’armadio di H&M
Sweat Shop che vede protagoniste tre fashion blogger, per il quotidiano norvegese Aftenposten, è una sorta di reality che svela i segreti di H&M, marchio svedese di abbigliamento low cost.
UN VIAGGIO IN CAMBOGIA – Mentre a New York in queste ore debutta la collezione di Alexander Wang per H&M, con tanto di parata di star come Dakota Fanning e Mary J Blidge e Missy Elliot, in Italia si diffonde via web la notizia di Sweat Shop un docu-reality a cura di Aftenposten, quotidiano norvegese, che aveva come intento quello di svelare i segreti di un grande marchio come H&M e che invece ha svelato i suoi scheletri nell’armadio. Tre giovani fashion blogger hanno partecipato al reality, sono state inviate in Cambogia, dove vengono realizzati gran parte dei capi del marchio H&M, per lavorare nei laboratori tessili. Qui hanno scoperto persone sfruttate e private di ogni diritto. Uomini e donne lavorano fino a diciotto ore al giorno per una paga ben al di sotto del livello di salario minimo e quel che conta di più in condizioni igienico sanitarie mostruose.
IL CORAGGIO DI ANNIKEN - Tutto è partito da Anniken Jørgensen, fashion blogger di 17 anni, che ha partecipato al docu-reality e che, una volta tornata, ha iniziato una campagna di sensibilizzazione con lo scopo di far conoscere i nomi delle aziende che sfruttano i lavoratori cambogiani per boicottarle. Le altre due blogger erano state invitate a tacere su molte questioni ma Anniken non ha voluto sentire ragioni. Tramite il suo blog e le sue parole ha raccontato cosa accade in Cambogia a quei tessuti che arrivano nei nostri negozi belli, puliti e ordinati. Ha fatto anche i nomi di Zara e Primark ma si è concentrata maggiormente su H&M. A quel punto il colosso svedese, sentendosi in difficoltà , l’ha invitata nella sua sede di Stoccolma. H&M ha anche promesso di iniziare a lavorare per migliorare la situazione dei laboratori tessili cambogiani e per ristabilire il diritto al lavoro, ad un salario giusto e a regimi igienici dignitosi.
Serena Prati
@Se_Prati