
Giornalismo, social media e web. Intervista ad Antonio Troise
Antonio Troise, napoletano doc, dopo 27 anni di carta stampata, quasi tutti al Mattino ma con qualche incursione nei settimanali (Panorama, Mondo…) e sporadiche collaborazioni sul piccolo schermo (Rai e Tv locali) ha deciso di voltare pagina, fulminato dalla rivoluzione digitale. Web, blog, social network sono gli strumenti che offrono ai giornalisti la possibilità di riconquistare autonomia e creatività. Attualmente si occupa di comunicazione come capo ufficio stampa di un’azienda pubblica, è editorialista di alcuni giornali, direttore di un sito web e, recentemente, è stato portavoce di un sottosegretario all’Economia del governo Renzi.
Sarà Antonio Troise, insieme ad altri professionisti come Giampiero Gramaglia, ex direttore dell’ANSA, e Rossella Bovo (da diversi anni di informazione e comunicazione per conto del Ministero degli Affari Esteri – Cooperazione allo Sviluppo), a tenere il seminario di formazione Web e informazione: giornalismo, social media e ufficio stampa, promosso dall’associazione TIA, organizzato per affrontare i cambiamenti dell’informazione e della comunicazione con l’avvento del web, capire quali sono le nuove professioni, e come l’attività di ufficio stampa e il giornalismo si stanno adeguando. Il corso è articolato in due giornate, venerdì 7 e sabato 8 novembre, presso l’associazione Stampa Romana (in piazza della Torretta, 36, Roma), ed è rivolto a giornalisti, comunicatori, piccole e media imprese e operatori delle associazioni culturali che desiderano creare, sviluppare, migliorare l’attività di ufficio stampa. C’è tempo fino al 5 novembre.
Troise, come sta cambiando l’informazione e verso dove sta andando il giornalismo?
L’informazione sta cambiando ad un ritmo molto più veloce rispetto ad ogni previsione. Ci sono i catastrofisti che prevedono, ad esempio, che l’ultima copia del New York Times sarà acquistata nel 2043 e altri che, invece, intravedono per la carta stampata un futuro di nicchia. Credo che, al momento, sia difficile fare delle previsioni. L’unica cosa certa è che gli operatori dell’informazione, i giornalisti, devono cambiare radicalmente la propria cassetta degli attrezzi e affrontare il mondo digitale con una formazione professionale molto diversa rispetto al passato. È faticoso ma può essere anche estremamente interessante.
Anche gli ultimi restyling di Repubblica.it e del Corriere.it sembrano confermare come i giornali italiani, pur mantenendo la medesima identità, si stiano declinando in base ai contesti e spazi diversi, carta, web, social media…
È una strada obbligata. Anche se non scontata. Non è semplice tradurre sul web il giornale cartaceo. È stata la prima mossa che hanno fatto gli editori quando hanno scoperto la rete. Ma è stato un flop clamoroso. Pensare di riproporre su Internet lo stesso materiale che viene pubblicato sui giornali è un errore grossolano. La rete ha un altro dizionario e un’altra sintassi.
Bisogna conoscere le diverse piattaforme ma anche e soprattutto le dinamiche della Rete: saper scrivere sul Web è infatti importante tanto quanto avere il senso della notizia, saper selezionare i fatti e rispondere al pubblico. Cosa ci si aspetta e quali le competenze richieste oggi ai digital journalists?
Sono competenze molto diverse da quelle che, tradizionalmente, sono richieste ai giornalisti della carta stampata. Chi scrive sul web deve avere a disposizione un bagaglio di conoscenze tecniche che, fino a poco tempo fa, erano praticamente ignorate da chi si affacciava nel mondo della carta stampata o dei media in generale. Ora, un buon giornalista on line deve non solo intercettare i fatti e le notizie ma anche sapere in che modo si diffondono sulla rete e vengono condivisi dagli utenti. Un lavoro molto più sofisticato e articolato che, spesso, viene affidato a figure professionali ad hoc. Naturalmente, i vecchi strumenti del mestiere non sono affatto da buttare: il fiuto per la notizia, la capacità di fare da cane da guardia del potere, la voglia di trovare l’esclusiva restano al centro dell’attività giornalistica.
Il digitale ha distrutto quelle gerarchie che una volta c’erano tra il giornalista e il lettore e l’interazione tra loro è tra i fattori fondamentali del cambiamento, anche se rimane un terreno molto delicato che richiede una moderazione molto attenta. Come affrontarla?
Cercando di essere il più possibile corretti e scrupolosi. I giornalisti devono riconquistare il loro ruolo di professionisti dell’informazione. E, per farlo, devono recuperare credibilità e autorevolezza. Scrivere un buon articolo, con fonti documentate e con notizie certificate rappresenta quel valore aggiunto che può garantire nuovi spazi di manovra ad una professione altrimenti condannata al declino.
Quanta disinformazione c’è sul Web e come evitare la mercificazione delle notizie e la produzione del cosiddetto “churnalism” – il riciclo di materiale, comunicati stampa e via dicendo?
Anche qui giocano un ruolo fondamentale le regole deontologiche di base del giornalismo. Perché non pensare, ad esempio, ad una carta dei valori per Internet che i professionisti del settore devono rispettare? Credo che, da questo punto di vista, la categoria dei giornalisti deve abbattere gli steccati corporativi e affrontare con maggiore coraggio le sfide del mondo digitale.
Valentina Gravina