
Fotografia: intervista a Linda Ferrari, ideatrice di Pho[to-Be]rlin
BERLINO – Foto racconti della città, o meglio la capitale tedesca raccontata mediante immagini e da prospettive assolutamente nuove, questo l’intento del progetto Pho[to-Be]rlin: un ciclo di workshop a Berlino, tenuti in inglese da maestri internazionali della fotografia, che permettono ai partecipanti – fotografi amatori e professionisti già consapevoli della tecnica – di diventare padroni del genere del reportage, vivendo la città con uno sguardo diverso.
Il tutto organizzato – orgoglio nostrano – da una fotografa italiana, Linda Ferrari, che vive tra Milano e Berlino, e vanta la collaborazione con numerose riviste (Wired, Io Donna, Cosmopolitan, Geo, Vanity Fair, Monocle e altre) e la presenza tra i finalisti in premi internazionali come, ad esempio, il World Photo Award (categoria Architettura, 2010), giusto per menzionarne uno.
Cinque gli appuntamenti, di cui uno già passato (22-25 novembre 2012), tenuto dalla fotoreporter polacca – italiana d’adozione – Monika Bulaj, mirato ad esplorare visivamente le celebrazioni del giorno di Ashura, una delle più spettacolari tradizioni islamiche dell’antichità, all’interno della comunità turca della capitale tedesca.
I workshop, di durata variabile dai tre ai quattro giorni, sono costituiti da una parte teorica, dove il Master illustra il tema proposto mediante foto, riviste, insegnamenti personali, e una parte pratica, dove i partecipanti possono elaborare il tema scelto, interpretandolo in maniera propria. Con il vantaggio di avere sempre la supervisione del Master a propria disposizione, e il privilegio di poter produrre immagini inerenti; alcune delle quali verranno selezionate dai Master, al termine di tutti i workshop, per confluire in una interessante mostra collettiva che si terrà probabilmente al termine dell’estate a Berlino, restituendo alla città un poliedrico ritratto della stessa.
Il prossimo workshop (7 – 10 marzo 2013) sarà dominato dal tema Cinema Mundi, già ideato e sviluppato precedentemente dal Master prescelto, e adattato al contesto dei set cinematografici berlinesi. Protagonista di questo momento un altro italiano di rilevanza internazionale, il fotografo Stefano De Luigi, che oltre a contribuire periodicamente con i suoi lavori a numerose riviste internazionali come Stern, Geo, Le Monde Magazine, Sunday Time Magazine, Newsweek e The New Yorker, è anche vincitore, in diverse categorie, di tre World Press Photo (1998, 2007, 2009).
Prima del ritorno a Berlino della fotografa – organizzatrice Linda Ferrari per l’inizio di questo secondo appuntamento, abbiamo avuto la possibilità di incontrarla e farle qualche domanda sul progetto.
Ciao Linda, da cosa nasce questa idea di Pho[to-Be]rlin?
L’idea è nata quando mi sono trasferita a Berlino ad aprile 2012. Stavo cercando dei workshop fotografici tenuti in inglese, ma trovavo solo workshop tenuti in tedesco e principalmente con fotografi conosciuti solo a livello nazionale (in Germania). Mentre in Italia se ne trovano ovunque e di elevatissima qualità, mi sono accorta che a Berlino ce n’erano pochi, o erano quasi inesistenti. Avevo in testa un modello molto chiaro: Micamera di Milano. Nata come libreria fotografica, nel 2007 (se non sbaglio) ha iniziato ad organizzare
incontri aperti con grandi nomi della fotografia contemporanea e, successivamente, ad organizzare workshop. Ho sempre avuto profonda stima della loro attività, del loro impegno nel diffondere la fotografia con l’obiettivo di portarla ad un pubblico più ampio e non necessariamente di settore. Senza di loro, non avrei mai avuto occasione di conoscere e vedere di persona così tanti fotografi importanti e famosi e ho pensato di riprodurre, per quanto possibile, lo stesso modello di “diffusione fotografica”.
In che cosa altro si differenzia Pho[to-Be]rlin da altri workshop di fotografia presenti in una città che dal punto di vista culturale ha molta offerta, come Berlino?
Il progetto Pho[to-Be]rlin nasce dalla fusione di due grandi passioni: la fotografia e il giornalismo, che si fondono in quel particolare settore che si chiama fotogiornalismo. Che significa trovare e raccontare storie, avere curiosità dei luoghi che si esplorano, la possibilità di incontrare persone ed entrare nella loro vita (anche solo per qualche ora) e poter fare tutto questo usando un mezzo così universale, come lo è la fotografia. A Berlino esiste molta fotografia artistica, ma la presenza del fotogiornalismo è veramente ridotta rispetto a quello che si può trovare non solo a Milano, ma anche a Londra e Parigi. La differenza di Pho[to-Be]rlin rispetto agli altri progetti di workshop che conosco, è proprio il fatto di rientrare in un progetto più ampio e non solo il fatto di fare un workshop, ma di creare una documentazione contemporanea sulla città seguendo delle tematiche di approfondimento, proprie di Berlino: la comunità musulmana, il cinema, la vita notturna, l’olocausto e così via. Temi e storie che sono uniche di Berlino. Per quello il nome che ho scelto è Pho[to-Be]rlin…il “to-be” che viene sottolineato dalle parentesi ha proprio il significato dell’”esserci” essere a Berlino per documentarla, per conoscerla, per fotografarla.
È stato facile proporre questo format in un Paese che non è il tuo? O pensi sia stato più facile che presentarlo per la prima volta in Italia, dove i tagli continui non supportano la cultura?
Il progetto in questo momento non beneficia di alcuna sovvenzione nè tedesca nè italiana, ma è reso possibile dai partecipanti che pagano il workshop (perchè comunque per loro è un’esperienza pratica di lavoro a fianco di un grande fotografo).
Ringraziamo Linda per la sua disponibilità, ricordando che saranno ancora tre gli incontri dopo questo, organizzati meticolosamente dalla Ferrari, che ha unito intuitivamente le sue capacità organizzative derivanti da un’esperienza negli eventi, al suo amore per la ricerca e la fotografia, che costituisce la sua passione e il suo lavoro. E a cui è giunta in modo non accademico seguendo l’esempio di notevoli esponenti del settore che le han fatto in diversa maniera da Maestri, da Larry Fink, Eugene Richard e Mario Cresci, a De Luigi stesso e Paolo Franco.
Guillaume Herbaut, dal 25 al 28 aprile, proporrà Memory of the Holocaust, trovando inspirazione per i partecipanti al suo workshop nel campo di concentramento di Sachsenhausen, vicino Berlino, e nel sito berlinese Holocaust Memorial. Dal 20 al 23 giugno Jocelyn Bain Hogg terrà il suo workshop Pleasure Island, per insegnare ai partecipanti come documentare la vita notturna della capitale tedesca. In ultimo James Withlow Delano, dal 25 al 28 luglio, sarà il Master di Vietnamese Community Workshop, permettendo ai partecipanti di sviluppare e documentare con la loro personale visione la vita della comunità vietnamita a Berlino.
Cinque diversi aspetti di Berlino verranno quindi snocciolati tramite l’eterogeneo approccio degli iscritti ai workshop, per restituire uno spaccato della città inedito ed esclusivo. I posti sono limitati, massimo dieci per ciascun appuntamento, e i costi pure, considerando i nomi dei Master. Per maggiori informazioni cliccare qui.
Benedetta Rutigliano
@bettyrutigliano