Formula 1, GP del Bahrain a rischio boicottaggio

La situazione in Bahrain non si è normalizzata anche se la stampa non ne parla

Manama (Bahrain) – 22 aprile. Manca circa un mese alla data prevista del calendario per veder sfrecciare le monoposto di Formula 1 in Bahrain: l’appuntamento già cancellato la scorsa stagione, potrebbe rischiare di saltare per la seconda volta consecutiva anche nel 2012. Nonostante giornali e telegiornali abbiano deciso di non parlarne più come se si volessero dimenticare le violenze e repressioni che la popolazione deve soffrire in quel piccolo Emirato, la situazione del Bahrain torna alla ribalta a causa dell’avvicinamento del Gran Premio di Formula 1.
Gli scontri nel paese non si sono mai placati, gli attivisti sono convinti che il governo e la monarchia maltrattino i manifestanti pro-democrazia e queste continue proteste hanno fatto emergere profondi dubbi sulla sicurezza interna del paese per l’incolumità di piloti e addetti ai lavori. I morti delle ultime settimane non vogliono essere dimenticati dalla popolazione del Bahrain e per questo motivo nei giorni scorsi ha preso vita una manifestazione che contava oltre 100 mila persone, circa 1/6 della abitanti dell’Emirato, e comprendeva uomini, donne e bambini richiedere a grande voce un sistema democratico.

Le prime proteste iniziarono il 14 febbraio 2011, una guerra civile che ha visto la dinastia sunnita al potere e la maggioranza sciita, da sempre discriminata, chiedere più giustizia e democrazia. L’occupazione dei ribelli venne repressa nel sangue anche grazie ai 53 milioni di dollari in armamenti vari, tra cui elicotteri e missili intelligenti, arrivati dagli Stati Uniti, che l’amministrazione Obama ha acconsentito dalla vendita senza rendere partecipe della decisione il Congresso e più di 20 oppositori del regime sono stati uccisi negli ultimi sei mesi.

Pochi giorni fa, Bernie Ecclestone, patron della Formula 1, ha ricevuto una lettera che portava la firma di Gioventù della Rivoluzione del 14 febbraio, a ricordo del giorno in cui iniziarono i massacri e che è anche uno dei gruppi più importanti del Bahrain: «Faremo qualsiasi cosa per garantire il fallimento del Gran Premio piuttosto che vederlo macchiato con il sangue e la vergogna – queste le prime frasi del messaggio che proseguiva così – Se il 22 aprile la F.1 correrà in un posto dove i bambini vengono uccisi per strada, si macchierà per sempre con immagini di morte e di violazione dei diritti umani. Ci appelliamo a tutti gli atleti del mondo perché ci sostengano e alla F.1 perché non venga qui, in quanto la situazione rispetto a un anno fa è peggiorata».
Anche se alcune associazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, si sono attivate per chiedere ai team e ai piloti di boicottare la corsa di Formula 1 a denuncia della violenta repressioneche la polizia bahreinita utilizza contro la popolazione a base di gas chimici, torture e proiettili di gomma, sparando anche a distanza ravvicinata sui manifestanti, stando alla lapidaria risposta del boss del Circus iridato, la Formula 1 sembrerebbe essere destinata ad andare avanti e correre il Gran Premio della vergogna: «Ci sono sempre persone che protestano. Possono farlo senza usare la violenza, piazzandosi ai lati delle strade con i loro striscioni per diffondere il loro messaggio – ha spiegato Ecclestone commentando la lettera giuntagli – Nessuno sparerà loro».

L’ultima apparizione della F1 in Bahrain è stata nel 2010

Se il motore economico che muove la Formula 1, e nel caso in cui questo appuntamento salti si vedrà obbligato a rinunciare a una cifra di circa 40 milioni di euro, dovrà a prendere una decisione entro le prossime due settimane, su Internet e precisamente il sito avaaz.org è partita la petizione che raccoglie firme per fermare la gara al contrario di quanto accade tra i patron delle scuderie, che sono dell’idea che gli organizzatori non si assumerebbero il rischio di ospitare la Formula 1 se ci fossero rischi concreti, mentre i quotidiani bahreiniti richiamano l’attenzione sulla vendita dei biglietti elogiando un incremento del 19% rispetto al 2011. Eppure anche la Gran Bretagna, patria di ben otto delle dodici formazioni della massima serie, non ci sta alla scelta di disputare la corsa sul tracciato di Manama tanto che il mese scorso, attraverso una lettera pubblicata sul Times, alcuni membri della Camera dei Lord inglese avrebbero chiesto proprio a Ecclestone la cancellazione della tappa dal calendario. Nel caso in cui la Formula 1 corresse il Gran Premio del Bahrain, il Circus manderebbe un messaggio negativo: si invierebbe al mondo intero l’idea che nella nazione la situazione si sia normalizzata. In alcuni casi vince la scelta del far finta di niente.

Eleonora Ottonello

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