Fini-Giovanardi: da cambiare la pena, anche con sentenza definitiva

La motivazione di una sentenza della Cassazione apre alle modifiche delle pene già in giudicato, se dipendenti da norme incostituzionali

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Una sentenza della Cassazione rimette in discussione anche le pene in giudicato (plenews.com)

Roma – A svuotare le carceri ci stanno pensando gli alti organi giuridici del Paese, tristemente più veloci di esecutivi e Parlamenti: in seguito alla decisione della Corte costituzionale riguardo la Fini-Giovanardi, che puniva l’uso e lo spaccio di sostanze stupefacenti, la Cassazione ha stabilito che anche le condanne definitive, quindi passate in giudicato, devono essere riviste se derivanti da una norma dichiarata incostituzionale.

RIVOLUZIONE – Fino a oggi l’intangibilità del giudizio definitivo era una pietra miliare intoccabile del nostro ordinamento: con l’arrivo delle motivazioni sulla sentenza della Cassazione, il principio si modifica e si estende anche la sua applicazione, visto che spetterà direttamente al pubblico ministero la rideterminazione della pena, «nell’ambito delle sue funzioni istituzionali di vigilanza sulla osservanza delle leggi».

RECIDIVA CONTRO LIEVE ENTITÀ – E dire che tutto il meccanismo è stato attivato da un ricorso nato a Napoli, dove un uomo aveva posto ricorso per una condanna per spaccio di poche dosi di cocaina e cannabis nella quale non gli erano state riconosciute le attenuanti; la motivazione della sentenza è giunta ieri sera, attivando un possibile effetto a cascata.

DIRITTI CHE PREVALGONO – «Il diritto fon­da­men­tale alla libertà per­so­nale deve pre­va­lere sul valore dell’intangibilità del giu­di­cato» è quanto scrivono i giudici nella motivazione, motivando così non solo l’inadeguatezza della condanna al caso specifico, ma avviando la definizione di una linea comune che sarà applicata da ora in poi anche nelle altre cause simili e, in futuro, all’eventuale riproporsi di delibere di non costituzionalità su norme penali.

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Tutto è nato da una sentenza di condanna per spaccio (ilgiornalenuovo.it)

CANCELLAZIONE RETROATTIVA – La motivazione della sentenza, infatti, si spinge a sostenere che «gli effetti pre­giu­di­zie­voli deri­vanti da una sen­tenza penale di con­danna fon­data, sia pure par­zial­mente, sulla norma dichia­rata inco­sti­tu­zio­nale devono essere rimossi dall’universo giu­ri­dico», almeno per quanto possibile, poiché tale norma è «ini­do­nea a fon­dare atti giu­ri­di­ca­mente validi». Lo spirito della decisione rimanda direttamente alla Costituzione, che vede nella sentenza e nella pena uno strumento di rieducazione del reo: la pena illegittima «non potrà essere fina­liz­zata alla rie­du­ca­zione del con­dan­nato e costi­tuirà, anzi, un osta­colo» in quanto «sarà “ine­vi­ta­bil­mente” avver­tita come ingiu­sta da chi la sta subendo», impedendo così un corretto funzionamento dei meccanismi giuridici.

TIRATA D’ORECCHI – La Cassazione non si ferma neppure di fronte al Parlamento e coglie l’occasione di motivare la sentenza per ricordare che tali casi «sono diven­tati sem­pre più fre­quenti negli ultimi anni in cui il legi­sla­tore ha appro­vato una serie di irra­gio­ne­voli pre­vi­sioni san­zio­na­to­rie su cui è dovuto inter­ve­nire il Giu­dice delle leggi». Un vero rimprovero al Parlamento, da troppi anni guidato da interessi personalistici e non dal bene comune.

CONSEGUENZE – Già in seguito alla decisione della Consulta sulla Fini-Giovanardi la popolazione carceraria era scesa da quasi 59.000 unità a poco più di 54.000; ora ci si attende un ulteriore calo, conseguenza della rideterminazione di alcune pene collegate a una sentenza venata di incostituzionalità. I numeri non possono essere determinati al momento, ma la casistica potrebbe rapidamente ampliarsi con il procedere delle decisioni della Consulta.

Andrea Bosio
@AndreaNickBosio

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