
Fecondazione eterologa. La Consulta accoglie i ricorsi: è legittima

LA Corte Costituzionale demolisce la legge sulla fecondazione: mai più divieti per i gameti di donatore alle coppie sterili (photobucket.com)
Roma – Illegittimo vietare la fecondazione eterologa con gameti di donatore esterno alla coppia. Cade l’ultimo tassello della legge 40 sulla fecondazione assistita che di fatto negava la possibilità alle coppie impossibilitate da sterilità completa, di avere un figlio.
Dieci anni di sentenze, polemiche, ricorsi di coppie costrette ad espatriare per sperare nell’assistenza medica necessaria atta alla riproduzione e, infine, anche l’ostacolo più insidioso della legge più discussa di sempre è stato abbattuto: secondo la Corte Costituzionale il divieto di impianto di cellule esterne a quelle del padre e della madre è incostituzionale.
GAMETI COSTITUZIONALI, L’ITER SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA – La Consulta ha sentenziato accogliendo il ricorso di alcune coppie assolutamente sterili avanzate davanti ai Tribunali di Milano, Firenze e Catania. Coppie a cui il rigore della legge imponeva sostanzialmente due scelte: o la rinuncia ad avere un figlio proprio o il turismo sanitario oltre confine laddove è concessa la fertilità assistita e cellule di donatore. Scelte che, in entrambi i casi, incidevano sulla vita e libera l’autonomia dell’individuo.
LA LEGGE MODIFICATA – A parlare ora sono Filomena Gallo e Gianni Baldini, legali del procedimento dibattuto a Firenze nonché i primi a sollevare il dubbio di incostituzionalità della legge sulla fecondazione eterologa: ‹‹La sentenza di oggi ha valore di legge e non è oppugnabile. Da oggi non potrà mai più essere emanata dal Parlamento una legge che prevede il divieto di fecondazione di tipo eterologa. Tale decisione vale per tutti i cittadini italiani che hanno problemi di sterilità. Nessun vuoto normativo, ma con la legge 40 così modificata, (si adottano) garanzie per i nati e per le coppie››.
Punto di vista che, al contrario, il ministero della Salute non condivide in pieno e sul quale pare offrire osservazioni più caute. Spiega il ministro Beatrice Lorenzin: ‹‹L’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti››.
Secondo il responsabile della Salute, infatti, non è possibile pensare che con un semplice atto amministrativo si possa dipanare una materia così complessa per cui – continua il ministro – occorre ‹‹una condivisione più ampia, di tipo parlamentare››. Cosa che, tuttavia, non fermerà l’iter per la revisione della legge di cui, a breve, il ministro è deciso a comunicare la ‘road map’ per l’attuazione della sentenza.
L’ITALIA IN PROVETTA – Di tutt’altro avviso la reazione dei responsabili dei centri di procreazione assistita. Esultano. Secondo il Cecos Italia si tratta di una decisione arrivata dopo anni di dolore. Il ginecologo Severino Antinori, nome celebre nel mondo della medicina nonché padre della fecondazione in Italia, si dice ‹‹pronto fin da subito›› a praticare l’eterologa nel suo centro di Milano, mentre il leader di Sel, Nichi Vendola, coglie la palla al balzo per la polemica politica: ‹‹Servirebbero in questo Paese leggi civili e moderne sui diritti, ma che non si faranno perché chi volle quelle norme oscurantiste sulla fecondazione oggi è ancora al governo con Renzi, e lo dico per chi se lo fosse dimenticato”.
COMMI INCOSTITUZIONALI – Dopo la decisione della Corte cadono l’articolo 4, comma 3 della legge che scandiva: ‹‹E’ vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo››. In ragione di ciò, anche gli incisi a seguire vengono smantellati: commi 1 e 9 dell’articolo 9, ‹‹in violazione del divieto di cui all’art. 4, comma 3›› (divieto di eterologa). Rimangono tuttavia immutate le altre parti, compreso il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa.
Ancora, è incostituzionale l’articolo 12, comma 1 che riguarda le sanzioni: ‹‹Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro››.
Chantal Cresta
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