
Eterologa al via, ma mancano gli ovuli: arrivano dall’estero
La fecondazione eterologa è ora possibile anche in Italia; mancano tuttavia i gameti femmini per coprire le richieste e i centri devono ricorrere all'estero
Roma – La fecondazione eterologa è legge, ma ora mancano i gameti: l’Italia dovrà così acquistarli all’estero, sobbarcandosi un’ulteriore spesa. Lo annuncia il Cecos Italia – l’associazione che raggruppa i Centri privati e convenzionati per la fecondazione assistita – spiegando che proprio in queste settimane stanno andando a frutto i contatti con i centri esteri, per poter importare gli ovociti per le coppie italiane.
ETEROLOGA ZOPPA – In Italia, grazie a una sentenza della Consulta che ne abolisce il divieto, è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa: si tratta, in breve, di poter far ricorso a seme od ovulo esterno alla coppia, provenienti da donatori terzi, e utilizzarli per fecondare così la donna. A mancare, in Italia, sono soprattutto gli ovociti, i gameti femminili, sia per la cultura, sia per la novità, sia per le oggettive difficoltà della pratica agli occhi delle donne italiane.
VOLONTARIATO – La donazione dei propri ovuli è considerata un gesto volontario e volontaristico, almeno in Europa; negli Stati Uniti, invece, si tratta di vera e propria compravendita. Rimanendo al nostro Vecchio continente, comunque, altri paesi prevedono almeno un rimborso, considerando la durata delle operazioni e la loro difficoltà, inclusa la perdita di una giornata lavorativa. Nulla di tutto questo avviene in Italia, dove il bacino di donatrici è oltretutto ristretto e spesso di età non ottimale per una nuova fecondazione.
EGG-SHARING – Solitamente gli ovociti disponibili per l’eterologa sono quelli delle donne già sottoposte a Procreazione medicalmente assistita e che scelgono di donare gli ovuli in eccesso, a loro non più utili. Questo comporta anche un incremento dell’età delle donatrici, poiché alla Pma ricorrono spesso donne oltre i 40; il limite per la donazione degli ovuli, invece, è fissato a 35 anni, fattore che restringe ulteriormente il bacino di donatrici e spinge le cliniche a rivolgersi all’estero.
SOLUZIONI – Il problema è soprattutto culturale, ma è necessario affrontarlo con proposte pratiche. L’idea di un piccolo rimborso – una sorta di premio solidaristico – sicuramente aumenterebbe le volontarie, ma probabilmente non risolverebbe il problema. Un’altra strada percorribile potrebbe essere quella di spingere le donne giovani a conservare parte dei loro ovuli in centri specializzati, per utilizzarli in futuro, e renderli così in parte disponibili anche alla donazione. Ma, sottolineano gli esperti, quel che davvero serve è una campagna informativa da parte del ministero, che sensibilizzi verso le nuove possibilità della procreazione eterologa.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio