Elezioni amministrative: qualcuno aiuti il Pdl a salvare se stesso

Il premier, Silvio Berlusconi e il leader Lega nord, Umberto Bossi

Sarà davvero interessante vedere chi vincerà la poltrona di sindaco a Milano. E’ qui che si gioca la partita più importante per il Pdl e la Lega perché, se ancora qualcuno non se ne fosse accorto, il sodalizio ventennale tra il popolo azzurro di Silvio Berlusconi e il Carroccio di Umberto Bossi sta scricchiolando. Il perché è presto detto: il Pdl è in crisi. Non d’identità, si capisce. Quella resta sempre ben costituita nella figura del premier, ma piuttosto per un’emergenza intestina, fatta di difformità di vedute e decisioni autonome dei singoli esponenti, sconfessate da tutti gli altri. Insomma, la coalizione più solida d’Italia si sta sfaldando in correnti e derive. E il fatto di essere in aperta campagna elettorale per le amministrative sta rendendo malumori, mal di fegato e incomprensioni sempre più evidenti. Risultato: i nervi degli azzurri sono tesi e le scatole dei verdi rotte.

Lassini – Un esempio a caso lo fornisce la vicenda di quell’ex sindaco di Turbigo, Roberto Lassini che si è attribuito la responsabilità dei cartelloni “Fuori le Br dalle Procure” apparsi per le vie di Milano, città nella quale Lassini stesso concorreva per il consiglio comunale. Egli ha rinunciato alla turnata elettorale ma questo non è stato sufficiente a sedare gli animi. Anzi. Al momento, l’ex sindaco è appoggiato dal sottosegretario Daniela Santanchè e da Il Giornale di Alessandro Sallusti che lo vogliono in Comune accanto alla Moratti. I sostenitori della linea approvano. Silvio, in privato, gli strizza l’occhiolino. La Moratti, al contrario, non ne vuol sentir parlare e con lei il Carroccio che ha liquidato la vicenda come chiusa, solo che chiusa non è. Tutt’altro. Soprattutto se Lassini – ancora ufficialmente in lista – dovesse ottenere una buona percentuale di voti. Così, lo scontro Santanchè-Moratti è più vivo che mai, l’elettorato esita, il Pdl niccha e la Lega s’incazza.

Tremonti – Al grattacapo si è, poi, aggiunta la sparata del neo-ministro ai Beni Culturali, Giancarlo Galan. Giorni fa se l’è presa con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti e con la sua politica di tagli da “socialista”. Roba da far saltare sulla sedia tutto il Carroccio che in Tremonti vede la propria punta di lancia.

Capire il rimbrotto di Galan non è facile. Può essersi trattato di un tentativo di visibilità o di una presa di posizione nei riguardi dello stesso Berlusconi. Insomma, parlare alla nuora perché suocera intenda. La suocera-Silvio, nello specifico, dovrebbe romprere gli indugi e formulare quel rimpasto di Governo secondo “lo spirito del ‘94”, parola di Galan. Un rinquadramento, peraltro, caro ai Responsabili che, dopo aver permesso al Cav. di ottenere la fiducia il 14 dicembre 2010, ora rivendicano quanto gli spetta: seggi e poltrone. Pena il rifiuto del consenso alla maggioranza nelle prossime votazioni parlamentari. Sia come sia, la Lega non ama essere tirata per la giacchetta e Berlusconi ha impiegato ore a far digerire a Tremonti quel “socialista”.

Milano – Dunque, a conti fatti, il Pdl non se la passa bene. Prova ne è l’improvviso dietrofront sul nucleare annunciato dal ministro della Sviluppo, Paolo Romani. Una scelta non determinata dall’analisi del contesto socio-economico ma dall’emotività generata nell’opinione pubblica da Fukushima. Impressionabilità che avrebbe potuto influire negativamente sul risultato delle amministrative oltre che sul veto referendario. In 2 parole, Pdl e Lega sono arrivati al punto di essere così poco coesi, poco motivati e poco sicuri del proprio potere elettorale, da non avere il coraggio di intraprendere delle scelte

Letizia Moratti, sindaco uscente di Milano

politiche già da tempo pianificate. Il tutto per vincere un’elezione comunale che pure è fondamentale, soprattutto in Lombardia. Per la Lega, perdere Milano, significherebbe lasciare all’opposizione di Giuliano Pisapia (Sel) la propria roccaforte e se ciò accadesse, apparirebbe palese l’inutilità per il Carroccio di continuare la convivenza con un Berlusconi che non è più in grado di gestire il suo gruppo. Tanto più che in un centinaio di comuni la Lega corre già da sola.

Dunque, considerata la situazione, il Pdl rischia di dover cambiare il proprio inno dal “Meno male che Silvio c’è” di Vantini al più consono “Se stiamo insieme ci sarà un perché” di Cocciante con contro-canto leghista. Infatti, neppure B. riuscirebbe più a ricucire lo strappo con Bossi se le elezioni dovessero fallire per le rivolte intestine del Pdl.

Vedremo che accadrà. Per il momento sembra di intuire, con una certa chiarezza, una cosa: a questo punto poco importa se Silvio si ripresenterà o no come candidato premier nel 2013. Un’epoca sta terminando e, forse con essa, anche la seconda Repubblica.

Chantal Cresta

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