
Elezioni 2015. Regno Unito in crisi: coalizione o fiducia?
Londra – Il 40% degli elettori inglesi non ha ancora deciso chi votare. Sarebbe questo l’ultimo sondaggio che le fonti di informazione del Regno Unito divulgano a pochi giorni dalla turnata elettorale per il rinnovo del parlamento il prossimo 7 maggio. Numeri che fanno trasecolare i due partiti maggiori – Tory e Labour – e spiazzano l’opinione pubblica giacché non solo pare impossibile stabilire con una certa approssimazione chi vincerà, ma pure sembra impresa ardua capire quale sarà il tasso di astenuti al voto. Un valore che alcuni temono si collocherà tra i più alti di sempre. Il che è già una sconfitta politica per tutti.
Sicché l’agitazioni tra Conservatori e Laburisti è ai massimi livelli e la preoccupazione monta con l’andare delle ore. Secondo il Messaggero.it, l’eventualità più probabile è che i due grandi partiti guidati da David Cameron e Ed Miliband convolino ad un giusto accordo che metta nel piatto un primo ministro a giuda della nazione e un secondo timoniere a guida dell’esecutivo. Capire poi come fare è altra questione anche se, racconta Bbc.com, gli strumenti istituzionali non mancherebbero.
LA COALIZIONE AL GOVERNO INGLESE – La formula della coalizione tra partiti di maggioranza è nota anche nel Regno Unito: unire più ministri dei principali corpi politici usciti con più voti dalle urne, al fine di ottenere piena stabilità nelle due Camere.
Alla coalizione ricorse già David Cameron nel 2010 poiché mancavano all’appello 326 teste per raggiungere la maggioranza alla Camera dei Comuni. Ora, però, se le fosche previsioni della prossima turnata dovessero essere confermate, occorrerebbe qualcosa di più dei rattoppi.
COMANDARE SULLA FIDUCIA – Se gli scarti tra i due maggiori partiti dovessero essere infinitesimali e risultasse difficile decidere chi mandare dove a guidare cosa, al posto della coalizione – entità ingombrante per qualsiasi governo – si potrebbe optare per la formula della Fiducia. In tale caso, il governo privo di numeri sufficienti a guidare la Camera dei Comuni, potrebbe arrivare ad un accordo formale con altre forze politiche. Il disegno che si comporrebbe sarebbe il seguente: il governo piazza i suoi ministri in tutti i ruoli chiave e poi raccoglie i voti fuori dalla propria compagine politica per bloccare qualsiasi voto di sfiducia dell’opposizione.
Il passaggio, piuttosto noto nelle vicissitudini del Parlamento italiano, potrebbe costituire un modo meno impegnativo per il Governo in carica, ma senza dubbio più pericoloso per il suo futuro. A meno di non decidere per la terza forma di struttura governativa.
FIDUCIA E OFFERTA – Un Governo che si basa sulla strategia della Fiducia e dell’Offerta propone alla parte che lo sostiene una sorta di contropartita per il sostegno in caso di voto e/o di sfiducia dell’opposizione. L’accordo che si raggiunge tra esecutivo di minoranza e partiti di rafforzo è sempre di natura formale, ma le ultime sono vincolate da un maggiore coinvolgimento nei destini dell’amministrazione legislativa. Sicché, se da una parte il Governo si salda sui voti esterni, in cambio offre agli aiutanti partecipazione e collaborazione nella stesura e nell’approvazione di disegni di legge da presentare in Parlamento. Una variante della Coalizione che ha la caratteristica di non vincolare nessuna delle parti.
I TEMPI DELL’ESECUTIVO – Tra il giorno delle elezioni e la prima riunione in Parlamento ci sono 12 giorni nei quali – in assenza di numeri e accordo di alcun tipo – il partito con maggioranza relativa e relativo primo ministro possono essere sfiduciati. In tal caso, al primo ministro non resta altro da fare che presentarsi alla regina per confermarle le dimissioni. La prima riunione del nuovo Parlamento è attesa per il 18 maggio prossimo.
SONDAGGI ALLA MANO – Considerati i presupposti, dunque, il clima è complicato non solo a causa dell’incertezza su chi vincerà, ma soprattutto su chi perderà e come, perché come accade quando la politica si propone all’elettorato indebolita, la vera arma di pressione e posizione di forza sarà dei perdenti a cui verrà richiesta fiducia e sostegno. Da qui l’altalena di sondaggi i quali più che tentare di capire la volontà degli elettori tenta di influenzarne la decisione.
Sicché, racconta ancora il Messaggero.it, se per Ipso-Mori i Conservatori sarebbero in vantaggio con un 35% contro un 30% dei Labour, a parti invertite le percentuali sono le stesse ma a favore di questi ultimi. Certo è che se i Tory di Cameron vincessero sulla carta le elezioni ma dovessero accordarsi con altre entità politiche, il primo ministro potrebbe essere costretto a scendere a patti con gli indipendentisti del Galles; dovrebbe cedere sull’aumento della spesa pubblica, sulla rinuncia ai sottomarini nucleari e a parte dell’armamento bellico; forse capitolare anche sull’indizione di un nuovo referendum per l’indipendenza di Edimburgo.
Chantal Cresta
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