Elezioni 2013. Il trasformismo camaleontico targato Mario Monti

Mario Monti, elezioni 2013

Mario Monti

Roma – Quando ci si addentra nella giungla della politica, bisogna accettarne le regole, senza possibilità di replica. A maggior ragione quando si è in prossimità di elezioni, in pieno periodo di campagna elettorale. Esiste un copione che va eseguito alla lettera. Se anche una new entry come Antonio Ingroia partecipa a questo gioco, perché Mario Monti non deve fare altrettanto? Se continuasse a recitare la parte del professore super partes, il rischio di non risultare interessante per gli elettori è elevato.

Non bisogna essere un appassionato di politica per capire come funzioni questa fase calda pre-elezioni. I vari candidati e i loro seguaci schierati in prima fila hanno un solo scopo: screditare gli avversari, poi, se c’è tempo, accennare qualche pseudo-soluzione per risollevare le sorti del nostro Paese. In fin dei conti si tratta di competizione: vince il più forte. Ci sono quei personaggi, però, che a vederli recitare una simile parte, lasciano una strana sensazione, quasi di spiazzamento. Monti è uno di questi: la trasformazione è stata repentina.

Ci si era abituati a vederlo così superiore dinanzi a certi comportamenti dei politici, tanto da apparire come un padre che deve cercare di calmare i capricci dei figli viziati. Il copione da seguire, all’epoca, era tutt’altro: il presidente del Consiglio di un governo tecnico non può agire diversamente. A prescindere che si trattasse di una semplice maschera da indossare per l’occasione o meno, Monti si era ritagliato quello spazio di uomo che aveva ridato credibilità al nostro Paese. Poi ecco sopraggiungere alcune scelte impopolari, alcune valutazioni probabilmente errate e il ricordo di Silvio Berlusconi che dà le dimissioni, lasciando spazio a questa nuova figura più competente, scemare con il passare del tempo. In molti speravano che, dopo la fine di questo periodo di transizione, Mario Monti decidesse di non presentarsi alle elezioni politiche. E, invece, per il bene del Paese (tutti sembrano avere quest’amore innato per la Patria a livello molto teorico) presenta la sua lista. A quel punto gli esperti in materia, che il professore ha deciso di portarsi dietro (Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, tanto per citarne due), gli avranno fatto probabilmente un briefing su come bisogna muoversi in quest’inferno che dà tante soddisfazioni, se si comprendono le regole. Il leader di Scelta civica per l’Italia sta dando dimostrazione di averle apprese velocemente, facendo della coerenza un passatempo per pochi.

Mario Monti, elezioni 2013

Pierluigi Bersani e Mario Monti

Qualche giorno fa è stato ospite nel programma Radio Anch’io in onda su RadioUno. Durante l’intervista, improvvisamente, Monti lancia segnali di apertura sia a sinistra sia a destra. Nel primo caso, nulla di nuovo bolle in pentola: è da tempo che si parla di questa futura collaborazione tra lui e Pierluigi Bersani. Anche se negli ultimi giorni il professore non ha speso parole d’elogio nei confronti del PD. A stupire è il secondo aspetto. Sembra un tipico atteggiamento alla Casini: schierarsi in base alla convenienza. Con una variante, in questo caso, tanto per rimarcare che è Monti il leader: va bene una potenziale alleanza con il Pdl, ma a condizione che Berlusconi si faccia da parte. Ci può stare: l’opportunismo politico fa parte del gioco.

Giunge, poco dopo, un ripensamento: dimostrarsi così disponibile nei confronti degli avversari, risulterebbe troppo da Udc. La carta da sfoderare è puntare il dito verso gli errori fatti in passato da entrambe le parti: «Chi è contento di quello che è successo negli ultimi vent’anni, ha la scelta facile: basta che voti o il Pd collegato con l’estrema sinistra o il Pdl collegato con la Lega, che hanno tenuto in piedi o in ginocchio per vent’anni l’Italia» sono le parole di Mario Monti. Strategia ambigua la sua, si potrebbe quasi ipotizzare un caso di sdoppiamento della personalità.

Tornando sulla sponda centrosinistra si conferma la medesima condotta ambivalente, la questione Monte Paschi di Siena è emblematica. La formula dello scarica barile, in questo periodo, ha sempre la sua utilità: il Pd ha responsabilità sull’accaduto. Poco dopo anche la perla di saggezza: la commistione tra banche e politica è «una brutta bestia», con tanto di definizione «fenomeno antico». Il che lascia abbastanza perplessi, non tanto per la dichiarazione in sé, quanto perché, nella sua esperienza da premier, Monti ha sempre dato tutt’altra impressione. Poniamo, per assurdo, la possibilità che vinca le elezioni: volterà completamente le spalle a tutti gli istituti di credito? Non per scetticismo, ma la cosa risulta poco credibile. Naturalmente questi sono soltanto gli ultimi atteggiamenti, in termini cronologici, assunti dall’economista in questa sua campagna elettorale. Finché si trattava di rinnegare alcune scelte fatte nel periodo del governo tecnico, è anche comprensibile in termini politici. Soltanto un folle cercherebbe consensi, proponendo un programma elettorale impopolare. È questa condotta doppiogiochista, alternata a strategie offensive verso gli avversari, che fa rabbrividire.

Bersani ha risposto così all’ennesima accusa proveniente dal professore: «Monti trova un difetto al Pd tutti i giorni, per un anno non ne ho mai sentiti». Non è stupito il candidato premier del centrosinistra, non lo è neanche l’elettore. Tutti sono consapevoli che, citando il compositore ungherese Franz Liszt, «la politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso». Ogni tanto, però, non possiamo evitare di  illuderci del contrario.

Giorgio Vischetti

@GVischetti

foto|| wikipedia.org; formiche.net

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Una risposta a Elezioni 2013. Il trasformismo camaleontico targato Mario Monti

  1. avatar
    Marco 28/01/2013 a 12:42

    Si autodefinisce tecnico ma a me sembra un politicante di basso livello.

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