Egitto: il proscioglimento di Mubarak è la fine di Piazza Tahrir?

Cresce in Egitto il malcontento, dopo che la Corte d'Assise del Cairo ha deciso di prosciogliere l'ex Presidente Hosni Mubarak. Cosa resta di Piazza Tahrir?

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Tutti assolti per i fatti di piazza Tahrir. Ci saranno nuovi tumulti in Egitto? (foto: glialtrionline.it)

Un nuovo terremoto politico, questo lo scenario più probabile che nei prossimi mesi si manifesterà in Egitto, a fronte della decisione della Corte d’Assise del Cairo di prosciogliere Hosni Mubarak. Il tribunale ha stabilito, ribaltando la precedente sentenza del 2 giugno 2012, che l’ex Presidente non doveva essere processato per la morte di 239 manifestanti avvenuta durante la rivolta di Piazza Tahrir del 2011, che portò alla sue dimissioni. Una sentenza fiume, frutto di circa 1400 pagine, che di fatto non condanna né assolve Mubarak, e che tantomeno spiega le dinamiche che portarono alla repressione della piazza in quei giorni.

TUTTI ASSOLTI – Assolti con formula piena, per i medesimi fatti, l’allora ministro dell’Interno Habib el Adly e sei capi dei servizi segreti, imputati per omicidio. La stessa decisione è stata presa dalla Corte nei confronti di Mubarak e dei suoi due figli, Alaa e Gamal, in merito alle accuse di corruzione e arricchimento illecito, mosse ai tre per una presunta vendita di greggio ad Israele, ad un prezzo inferiore a quello di mercato.

RITORNO AL PASSATO? – Il verdetto della Corte è stato definito «scioccante» da Marwan Bishara, analista politico di Al-Jazeera, che ha criticato fortemente la politicizzazione del procedimento. «Sono senza parole – ha affermato in una dichiarazione ripresa da aljazeera.com – perché il giudice ci ha detto di non discutere il verdetto finché non avremo esaminato il documento di 1.430 pagine. [..] Questo è un tentativo di recuperare il vecchio Egitto e di cancellare praticamente tre decenni di dittatura. Fondamentalmente, chiunque sia stato accusato per violenza e corruzione è stato assolto da tutte le accuse, mentre in prigione sono ancora reclusi migliaia di pacifici attivisti per i diritti civili».

COSA RESTA DI PIAZZA TAHRIR? – Cosa resta allora di tutto il fermento che si respirava a Piazza Tahrir nella primavera del 2011? Sicuramente non gli spazi fisici che accolsero quella protesta, e di cui la piazza fu insieme massima espressione e rappresentazione simbolica. Come spiegato magistralmente da Chalaine Chang in un articolo apparso su middleeasteye.net, il periodo successivo alla rivoluzione ha visto una vera e propria riconfigurazione fisica di piazze e strade in tutta la città, attraverso la definitiva permanenza di grate, muri e pattuglie dell’esercito, dislocate nei punti ritenuti più sensibili. Una limitazione, indiretta ma tremendamente palpabile, della forza associativa dalla quale emerse il lato più positivo delle proteste del 2011, prima che islamisti e militari prendessero, a turno, una posizione dominante.

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Caduto Mubarak, l’Egitto non sembra uscire da una scelta obbligata tra caserme e islamisti (foto: formiche.net)

DICOTOMIA CASERME-ISLAM – Insomma, se la Rivoluzione non è stata un fallimento, alla resa dei conti è servita solamente a sostituire un centro di potere, facente capo a Mubarak, con un sistema binario in cui la scelta è drasticamente ridotta tra l’esercito di Sisi e gli islamisti di Morsi. È largamente ipotizzabile però, che nessuno dei due attori sia realmente interessato a rispondere ai quesiti che la piazza ha posto tra il 2011 e il 2013, limitandosi ad ascoltare l’insofferenza popolare solo in quel lasso di tempo in cui questa diventa un valido strumento per cambiare i rapporti di forza.

DOV’È DIRETTO L’EGITTO? – Tutto finito allora? Forse no, perché, specialmente dopo la decisione della Corte d’Assise, il malcontento in Egitto è tornato ad essere concreto e palpabile, nella stessa fase storica che ha già portato a due governi rovesciati in tre anni. Ci sarà un’altra piazza Tahrir? Al momento non è dato saperlo, ma ciò che diviene ancora più importante è cercare di capire se, qualora così fosse, l’Egitto saprà essere in grado, per una volta, di ottenere veramente i diritti che chiede, senza ricadere in quella scelta binaria che da troppo tempo lo tiene fermo.

Carlo Perigli
@c_perigli

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