
È disastro ambientale in Ungheria: il fango tossico si avvicina al Danubio
Appello dell’UE alle autorità ungheresi per impedire che l’ondata di fango tossico arrivi al fiume più lungo d’Europa e contamini a catena gli altri Paesi Balcanici
di Margherita Kochi
BUDAPEST – Ieri Greenpeace ha definito la rottura della chiusa dell’impianto di alluminio a Kolontar, in Ungheria, come il più grande disastro ambientale degli ultimi venti o trenta anni. Il fango tossico sta inondando anche i paesi limitrofi, alimentando il timore che nel giro di qualche giorno possa raggiungere il Danubio e i suoi affluenti. È stato di emergenza.
L’UE ha esortato le autorità ungheresi a fare quanto è in loro potere per arginare l’ondata di fango rosso e impedire che raggiunga il Danubio, limitando così l’entità del danno ambientale. In caso contrario, si prospetterebbe uno scenario allarmante. I paesi vicini in cui scorre il fiume hanno espresso preoccupazione. A sud dell’Ungheria il Danubio scorre in Croazia, Serbia, Bulgaria, Ucraina, Moldavia e Romania prima di sfociare nel Mar Nero.
Il sottosegretario all’ambiente, Zoltan Illes ha annunciato che è in corso un’inchiesta giudiziaria al fine di far luce sulle cause del disastro e attribuire le responsabilità. Non risultano cause naturali e non si esclude l’errore umano. Tuttavia il primo ministro ungherese, Victor Orban, ha reso noto che sole due settimane prima del disastro erano state compiute delle ispezioni alla fabbrica e non era stata rilevata nessuna irregolarità.
Attualmente il bilancio è di quattro morti, 120 feriti e di centinaia di sfollati. Si prevede che le operazioni di bonifica saranno lunghe. Al momento la priorità è fornire i primi soccorsi ed arginare il possibile effetto domino sugli altri Paesi Balcanici. Finora dal deposito è fuorisciuto circa un milione di metri cubi di fango tossico. La notizia allarmante è che ci sono altri 30 milioni di metri cubi nei depositi della società. Sono in corso riparazioni per evitare ulteriori fuoriuscite.
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