
Dismissioni: debito alle stelle, previsto un piano entro il 2013
Roma – Obiettivi ben definiti si profilano nel riquadro di orizzonte del Governo. Sembra infatti che, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters per mezzo di alcune fonti governative, siano in programma a breve una serie imminente di dismissioni di partecipazioni pubbliche.
L’idea sarebbe quella di effettuarle entro la fine dell’anno, riuscendo in questo modo a bruciare un po’ le tappe rispetto al piano di riduzione generale del debito.
Tra le prime vi sarebbero la cessione della quota detenuta in Eni da parte del Tesoro. Questa corrisponde al 4,34%, oltre a un 25,76% di possedimenti collocati in Cassa depositi e prestiti. In base agli attuali prezzi di mercato il suo valore monetario si attesta grossomodo sui 2,8 miliardi di euro. Poi in mano pubblica ci sarebbero il 29,9% di Terna (80% Tesoro e 18,4% fondazioni bancarie) e il 30% di Snam Rete Gas.
La settimana scorsa il presidente Letta aveva dichiarato che i mercati sono finalmente pronti, e che per questo motivo il Governo cederà sia la quota di minoranza posseduta di Terna, che quella di Fincantieri, società attiva nel settore cantieristico. E si pensa anche alla cessione della quota in Snam, ma al momento non si parla di trasferimenti legati ad Enel o Finmeccanica.
Tutto questo considerando anche che la prossima settimana dovrebbe formalmente partire l’iter per la dismissione di asset pubblici, quello relativo alla legge di Stabilità. Qui il Tesoro prevede, grazie all’attività di valorizzazione degli immobili pubblici, l’entrata di 500 milioni annui tra 2014 e 2016.
L’intenzione sembra quindi quella di iniziare al più presto possibile, senza perdere ulteriore tempo. Si parla addirittura di un avvio di alcune operazioni a partire dalla prossima settimana. D’altronde il debito italiano, stimato dalla Banca d’Italia in 2.060 miliardi in agosto, ha raggiunto il 132,9% del Pil a fine 2013, rappresentando il dato negativo più alto nella zona euro dopo la Grecia. Quindi di momenti per girarsi i pollici non ce ne dovrebbero essere tanti.
Anche perché alla fine del 2015, secondo gli accordi stabilito con il Fiscal Compact, ci sarà per l’Italia la prima verifica della propria capacità di ridurre il rapporto debito/Pil nel triennio. Il programma prevede una media di riduzione del dato in questione di un ventesimo all’anno.
C’è pure da dire che il Governo Letta ha ridotto allo 0,5% del Pil la quota delle privatizzazioni nei conti pubblici, rispetto all’1% previsto in precedenza da Mario Monti. Evidentemente gli obiettivi fissati dal senatore ex leader di Scelta Civica non sono stati visti come realistici, almeno secondo il parere del Governo insediatosi sulle “larghe intese”.
Intanto, in mezzo a tutti questi buoni propositi ai quali si sta lavorando, e che quindi non sappiamo ancora in che modo prenderanno vita, il Comitato per le privatizzazioni dovrebbe trasformarsi nel breve periodo in organo permanente. E che lo si voglia oppure no quello di ridurre il debito sarà uno degli inevitabili muri da abbattere in futuro, nel lungo periodo. Pertanto, a conti fatti, una buona dose di pulizia nei riguardi delle società a partecipazione pubblica non parrebbe poi così inconcepibile. Pecunia olet.
Francesco Gnagni
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