
Di Pietro: l’opposizione che non ti aspetti
Roma – ‹‹Dire di no a Berlusconi non è più sufficiente. Dobbiamo costruire un’alternativa››.
Non par vero sentire parole come queste sulla bocca del segretario Idv Antonio Di Pietro. Ci aveva così abituato ad uscite di ben altro tono nei confronti di Berlusconi, che ora è difficile assuefarsi a questa sua nuova veste.
Tra un centrodestra che, nonostante le sconfitte, continua a resistere, ed un centrosinistra che – immerso in un mare di idee, proposte, scontri e confronti – ancora non trova la sua strada, l’unica vera novità di questi giorni è proprio lui, Di Pietro, che pare aver sotterrato l’ascia di guerra e si presta addirittura a tendere una mano al suo eterno rivale, assicurandogli il sostegno nel caso di vere riforme.
E questa, per la nostra storia politica di questi ultimi anni, può rappresentare una grande novità. Un Di Pietro che abbandona la demonizzazione dell’avversario come metodo di confronto, che considera superato ed ormai inutile l’antiberlusconimso, ed esorta l’opposizione a convincersi della necessità di costruire un’alternativa, prestando attenzione ai contenuti. Un Di Pietro che invece di distruggere, preferisce proporre, è una grandissima novità.
È ancora presto per dire se quella dell’ex pm è una svolta reale o semplicemente strumentale. Di sicuro, ne avremmo avuto bisogno anche prima.
Se la politica italiana è arrivata ad un livello tanto alto di conflittualità, quanto basso di stile e decenza, la responsabilità è di tutti quei signori, onorevoli politici e non solo che, come Di Pietro, invece di parlare hanno urlato; invece di confrontarsi hanno attaccato; invece di criticare hanno offeso, dando sfogo alla rabbia e creando così quel clima da “guerra civile” (come non pochi lo hanno definito) che stiamo vivendo.
Forse, come si diceva, la svolta di Di Pietro è solo strumentale; forse il segretario Idv vuole smarcarsi dalla sinistra e da quei giochi di alleanze che certo non gli offrono un ruolo da protagonista. Può darsi che Di Pietro miri, attraverso un profilo più “istituzionale”, più conciliatore e meno battagliero, ad acquisire maggiore credibilità agli occhi degli elettori e quindi a far conquistare maggior consenso al suo partito in vista delle politiche (forse non tanto lontane), lasciando la piazza a Bersani, come lui stesso ha affermato, e conquistando terreno verso il Parlamento.
D’altronde, questa è la politica, e tali sono i politici: soggetti pubblici che cercano il maggior consenso possibile tra la popolazione al fine di governare il Paese; e che devono avere, come oggi sembra dimostrare di possedere l’ex pm, una buona dose di astuzia. Essere, cioè, capaci di saper cogliere i cambiamenti e le tendenze sapendosi adattare ad esse e riuscendo allo stesso tempo a non passare, per questo, come incoerenti ed opportunisti.
Al di là di queste considerazioni, è importante sottolineare un aspetto di questa vicenda.
Il fatto che la critica all’antiberlusconismo venga da una persona che, per anni, ha fatto di quest’antiberlusconismo la sua bandiera ed il suo principale motore d’azione politica, assume una valenza notevole e può avere delle conseguenze altrettanto importanti. Perché una bandiera che crolla può avere effetti ben più grossi di quelli di una bandiera che continua a sventolare.
Se la svolta di Di Pietro non morirà come muoiono, nel giro di 24 ore, tante cose in politica, allora a beneficiarne non sarà solo lui e il suo partito, ma tutti noi e la nostra
politica, che ha estremo bisogno di pace e di un clima più rilassato e disteso.
Forse sarà la sinistra intera, ora, a dover inseguire un piccolo partito. Ma per far ciò, dovrà riuscire a percepire le parole del segretario Idv come un’occasione di miglioramento, e non come un comportamento “scomposto ed incomprensibile” secondo Enrico Letta, o come un “sostegno inspiegabile al premier”.
Se il centrosinistra rimarrà arroccato nel convincimento che posizioni come quella recente di Di Pietro “rompono quel clima unitario che – continua Letta – è la condizione principale per battere Berlusconi” – come se lo scopo principale di questa unione fosse quello di battere l’eterno nemico, e non di creare una vera alternativa di governo -allora davvero Bersani, Vendola e compagni rimarranno fermi in piazza ad urlare “al lupo, al lupo”, senza accorgersi che, intanto, chi ieri urlava con loro, ora si è messo in cammino.
Tommaso Tavormina