Crollo del Petrolio, l’Opec dichiara ‘guerra’ agli altri produttori

Nonostante il prezzo del petrolio abbia raggiunto i minimi dal 2009, l'Opec non intende rallentare la produzione, scatenando forti tensioni internazionali

petrolioUna posizione tutt’altro che morbida quella tenuta oggi dai Paesi aderenti all’Opec, l’organizzazione degli Stati esportatori di petrolio, nei confronti dell’attuale crisi dei prezzi. Com’è noto, il costo del greggio negli ultimi sei mesi è sceso del 40%, attestandosi a circa quarantacinque dollari al barile, il minimo registrato dal 2009. Un calo vistoso, che nelle ultime ore ha portato ad uno scontro diplomatico tra i Paesi dell’Opec e quegli Stati che, pur essendo anch’essi produttori di petrolio, non ne fanno parte, come Canada, Australia, Regno Unito, Norvegia e Stati Uniti.

L’ACCUSA DELL’OPEC – Secondo gli Stati membri dell’Opec, il calo dei prezzi sarebbe dovuto alla «produzione irresponsabile» dei Paesi esterni, atteggiamento che li ha portati a decidere di non rallentare la produzione, che di per sé sarebbe la contromossa logica per fare risalire il prezzo del petrolio. Un’eventualità esclusa con parole forti dal Ministro del petrolio saudita, Alì al-Naimi: «Se vogliono tagliarla sono i benvenuti, ma noi non la ridurremo, certamente l’Arabia Saudita non lo farà», ha dichiarato alla stampa, aggiungendo di sentirsi «profondamente insoddisfatto» del costo del petrolio. Smentite inoltre le voci secondo le quali l’Opec avrebbe programmato un vertice straordinario per discutere le possibili contromisure. Il ministro del petrolio del Kuwait, Ali al-Omair ha precisato nelle ultime ore che fino a giugno non sono previste novità, e che l’organizzazione non ha alcun motivo per tagliare la produzione.

OPEC CONTRO TUTTI – Ma cosa spinge i Paesi del Golfo ad avere una posizione così rigida di fronte ad un problema che indebolisce anche loro? Secondo alcuni analisti, a motivare i sauditi vi sarebbe l’apertura degli Stati Uniti nei confronti del nucleare iraniano. Ryad non vede di buon occhio tale eventualità, che permetterebbe a Teheran di esportare maggiori quantità di petrolio e gas naturale, potendo contare su altre fonti di energia. Inoltre, il crollo dei prezzo indebolisce la Russia, alleata tra l’altro della Siria, impedendole di esportare energia in Europa. Infine, tenendo bassi il costo del petrolio, i Paesi dell’Opec disinnescherebbero anche la minaccia rappresentata dal fracking, una tecnica di estrazione conveniente soltanto se il prezzo del petrolio supera i cento dollari al barile. Ciò che si prospetta all’orizzonte è un duro braccio di ferro, che gli Stati aderenti all’Opec hanno avviato contro alleati, concorrenti e rivali, all’interno del quale vincerà chi sarà disposto a perdere più degli altri.

Carlo Perigli
@c_perigli

foto: imille.org

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