
Crocifisso in classe, diritto o prevaricazione?
La sentenza europea riapre l’acceso dibattito tra chi non vuole rinunciare al simbolo cristiano e chi predica laicismo dentro le scuole
di Sergio Failla
Strasburgo – E’ di oggi la notizia del pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo sul crocifisso nelle aule scolastiche europee. Secondo i giudici violerebbe il diritto dei genitori ad educare i figli secondo il proprio credo. Insorge la CEI che reputa la sentenza gravissima poiché non terrebbe conto dei principi etici che il crocifisso esprimerebbe a prescindere dal tipo di religione. Il Vaticano invece si chiude dietro un netto “no comment” in attesa di leggere le motivazioni della sentenza.
Ma, in un Europa sempre più laica e multi razziale, è corretto che le istituzioni governative e quindi laiche utilizzino dei simboli religiosi nelle proprie sedi? E’ vero che la cultura di un popolo va sempre messa al centro della politica e dell’azione dei governi, ma è anche vero che troppo spesso la politica è in ritardo, chiusa nei palazzi, a comprendere e mettere in atto ciò che la nazione vive.
In Italia per esempio la percentuali di immigrati regolari è in netta crescita e molte classi scolastiche sono multietniche, ci si dovrebbe quindi chiedere se è corretto esporre un simbolo religioso là dove la laicità dovrebbe essere una certezza. Oppure si dovrebbero tappezzare le pareti delle aule con i simboli più cari a ciascun credo? Ma così il concetto di laicità dove andrebbe a finire?
In Italia, la situazione è lungi dall’essere stabilizzata. Nel nostro paese la religione cattolica è studiata nelle classi e i docenti di religione, pagati dallo stato italiano, sono nominati dal vescovo di zona e non partecipano alle classiche graduatorie a cui tutti gli altri docenti sono sottoposti. Pertanto il crocifisso nelle aule è da considerarsi solo l’apice di un sodalizio tra istituzioni governative e clericali.
Si divide, com’è ovvio, la politica italiana. Il centrodestra insorge contro la sentenza, mentre con l’UE si schiera parte del centrosinistra. Una cosa è comunque certa, il crocifisso fa parte della nostra storia. Ma di fronte a questa sentenza è chiaro che occorre riflettere sui modi migliori per promuovere la convivenza civile tra la molteplicità di culture e religioni che caratterizzano attualmente la popolazione che vive in Italia.
Il laicismo è la negazione di ogni riferimento al fatto religioso nella società civile, la laicità è la valorizzazione delle esperienze proprie e altrui, in cui la religione, intesa come fatto sociale, trova spazio
Si può parlare di religione in modo laico, e questo non è un paradosso. Si può essere credenti e laici allo stesso tempo. Si può essere atei e parlare di religione.
Perché la laicità è questa: prendere atto che esistono altre esperienze spirituali, altre identità oltre alla nostra (atea, credente o agnostica che sia). La consapevolezza che esiste un altro mondo oltre al nostro fa crescere. è chiaro che ognuno si riconosce in una certa identità , ma conoscere anche gli altri punti vista ci darà una maggiore consapolezza.
Il dialogo interreligioso non cerca vincitori, si dialoga al solo scopo di dialogare, non si vuole convincere nè essere convinti. Si porge l’orecchio e si ascolta, come insegna Raimon Panikkar.
l’Islam
l’Islam si presenta fin dalle origini
come un progetto globale che include tutti
gli aspetti della vita. Include un modo di
vivere, di comportarsi, di concepire il
matrimonio, la famiglia, l’educazione dei
figli, perfino l’alimentazione. In questo
sistema di vita e´ compreso anche l’aspetto
politico: come organizzare lo Stato, come
agire con gli altri popoli, come rapportarsi
in questioni di guerra e di pace, come
relazionarsi agli stranieri;
tutti questi aspetti sono stati codificati
a partire dal Corano e dalla sunna e
sono rimasti « congelati » nei secoli;
se la legge religiosa determina la
legge civile e gestisce la vita privata e
sociale di chiunque vive in un contesto
musulmano, e se questa prospettiva e`
destinata a rimanere immutata come e`
accaduto finora, la convivenza con chi non
appartiene alla comunita` islamica non puo`
che risultare difficile;
in un Paese islamico il non musulmano
dovra` , infatti, sottomettersi al sistema
musulmano, o vivere in una situazione
di sostanziale intolleranza ed umiliazione;
Si basa sulla Sharia il sistema giudiziario
della Tunisia, del Marocco, in
parte quello dell’Algeria;
laddove regna la Sharia, la vita per
i cristiani non e` sicuramente semplice: si
va dal divieto di mostrare simboli religiosi
sugli edifici o sul corpo (ad esempio, la
croce al collo) agli ostacoli frapposti alla
professione e alla diffusione della propria
fede, alla costruzione e ristrutturazione di
luoghi di culto, fino al divieto di celebrare
la messa persino in privato o di introdurre
nel Paese testi religiosi non musulmani;
l’Arabia saudita rappresenta il caso
piu` estremo: il paese vieta ogni culto che
non sia musulmano. Tra i sei milioni di
lavoratori stranieri in territorio saudita,
almeno 600 mila sono cristiani e non
possono celebrare il culto nemmeno in
forma privata;
la partecipazione a riunioni clandestine
di preghiera, come pure il possesso
di materiale non islamico (bibbie, rosari,
croci, immagini sacre) comportano l’arresto
e l’espulsione, o addirittura la pena
capitale;
in Sudan la repressione e` sancita e
condotta a livello istituzionale, con il Governo
che chiama Jihad il conflitto etnicoculturale
che imperversa nel sud e favorisce
le conversioni forzate all’Islam nei
campi profughi;
caso emblematico anche quello del
Pakistan, dove la legge punisce ancora la
blasfemia: e` prevista la condanna a morte
per chiunque sia accusato di offendere
Maometto e l’ergastolo per chi offende il
Corano;
in linea piu` generale, i cristiani nei
paesi musulmani sono soggetti a numerose
discriminazioni. Nel mondo del lavoro per
esempio. Alcuni settori, come la ginecologia,
sono vietati ai cristiani. Una volta i
ginecologi erano quasi solo dottori cristiani.
Ora, siccome i cristiani – con mani
« impure » – non possono toccare le
donne, la quasi totale maggioranza di essi
e` musulmana.
“Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana che ha sparso per il mondo l’idea dell’eguaglianza tra gli uomini fino allora assente”. A scrivere queste parole, il 22 marzo 1988, era Natalia Ginzburg sulle pagine de “l’Unità”, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, allora organo del Partito comunista italiano.
precisazioni:
il centrosinistra ha risposto in blocco si, ma contro la sentenza. e la corte europea dei diritti dell’uomo non è organo della UE ma è un organismo a parte.