
Crisi eurozona. Altro che riforme: se l’euro cade Monti torna subito a casa
Roma – Viste le difficoltà dell’Unione europea val la pena porsi una domanda: se la Ue si gretolasse, cosa accadrebbe nel panorama politico italiano?
E’ un fatto che i mercati si sono dati una scadenza: 9 dicembre, data del prossimo vertice europeo. Se per quel giorno l’Unione non avrà concordato una modifica dei Trattati, dato il via alla diffusione degli eurobond e riqualificato la Bce come prestatore di ultima istanza, consentendole di stampare moneta – tutta roba di cui il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, pare non voglia sentir parlare -, l’euro diventerà un ricordo e con esso l’Unione. D’altronde, ieri a Bruxelles il commissario degli affari monetari, Olli Rehn, è stato definitivo ‹‹Stiamo entrando in un periodo critico di 10 giorni per completare e concludere la risposta europea alla crisi››. Traduzione sintetica: o ci mettiamo d’accordo o il 10 dicembre sarà tutto finito.
Inevitabile tornare alla domanda: alla politica nostrana cosa accadrebbe in caso di capitombolo dell’euro? Una risposta pare già scontata: il neo premier, Mario Monti, verrebbe sfiduciato dal Parlamento con la stessa velocità con il quale il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ha insediato a Palazzo Chigi tre settimane fa.
Il perché è presto detto: il Governo Monti non è il frutto di voltà elettorale. Non potrebbe rivendicare diritti istituzionali acquisiti da regolare mandato e (è possibile impotizzarlo) non sarebbe neppure interessato a farlo.
La ragione dell’esistere di Monti è sostanzialmente in 2 necessità: rilanciare l’Italia sul piano internazionale attraverso la scelta di un burocrate stimato dal contesto UE; rilanciare l’Italia sul piano economico con tutte le riforme fiscali e sociali che, diversamente, non potrebbero mai essere compiute a causa dei decennali veti incrociati di forze politiche e sindacati.
Crollato l’euro e finita l’Unione, la prima cosa che accadrebbe sarebbe un’alzata di scudi dei vari partiti contro il Governo dei tecnici, passati dal ruolo di “salvatori della Patria” a quello di ipotetici “usurpatori del potere”. Tanto più se, come pare, le riforme che Monti ha intenzione di presentare in Parlamento dal prossimo 5 dicembre sono realmente “impressionanti” come la signora Merkel sostiene. Ipotiziamo gli scenari.
Pdl – Il Pdl si ricongiungerebbe subito con la Lega. L’alleanza è stata solo parzialmente demolita dall’arrivo di Monti poiché i due partiti sono ancora saldamente uniti su scala locale e, pare, intenzionati a rimanerci ancora allungo. D’altronde si sa, Pdl e Lega sono legati a doppio filo e la storia insegna loro che ogni qualvolta hanno reciso uno di quei legami, hanno perso miseramente.
Dunque, ritrovandosi sul terreno comune delle elezioni anticipate, non solo si rinsalderebbero ma apparirebbero rinnovati dalla discesa in campo di Roberto Maroni, per i verdi, e di Angelino Alfano per gli azzurri. Un’intesa che, quasi certamente, si arricchirebbe anche della presenza dell’Udc di Pier Ferdinando Casini. Gianfranco Fini (Fli) e Francesco Rutelli (Api) seguirebbero.
Terzo Polo – Certo, mica semplice per Casini, voltare le spalle a Monti al quale ha garantito pieno sostegno sotto il segno della “responsabilità” ma le ragioni di poltrona seguono logiche che un Governo di banchieri dell’euro al default non può capire. Soprattutto se l’Esecutivo in questione avrà intenzione di varare una riforma elettorale che non vada nel senso di un ritorno al vecchio proporzionale, cosa gradita al leader Udc.
Pd – Per il Partito democratico di Pier Luigi Bersani, invece, la questione è più problematica. L’organo è già in crisi perché venendo a mancare il collante dell’antiberlusconismo tutte le inconcigliabili diversità delle sue anime (moderati, comunisti, radicali,
progressisti) stanno emergendo in modo drammatico. Giorni fa alcuni esponeti del Pd hanno chiesto al segretario di allontanare dal partito il responsabile economico bersaniano, Stefano Fassina, a causa delle sue idee radicali e della sua critica opposizione a Monti dalle fila della maggioranza. Bersani ha risposto picche e il piddino è rimasto ma l’episodio è indicativo di un clima che, se o quando (fate voi, è lo stesso), Monti si eclisserà, si irrigidirebbe fino a frantumare il partito irrimediabilmente.
Si parla per ipotesi. Sempre per ipotesi l’euro potrebbe sopravvivere, l’Unione anche e Monti essere ricordato come il miglior premier della storia della Repubblica. Resta il fatto, tuttavia, che la Banca d’Inghilterra si sta ufficialmente preparando all’euro-fallimento e che la Merkel (quella del nicht a tutto) sotto banco sta facendo stampare marchi in Svizzera. Vedremo Monti che fine farà.
Chantal Cresta
Foto || ansa.it; economiafinanza.net