
Cosa manca all’Italia? Un Governo
Questa discussione sul futuro del Governo (Letta Bis, Renzi I, elezioni anticipate) ha sugli italiani lo stesso effetto del campionato mondiale di curling, cioè il menefreghismo più assoluto. Questi giochini di palazzo potevano entusiasmare una volta, quando non c’era la crisi e tutti stavano meglio. Ma adesso non importa niente a nessuno. Il paese è ridotto che più male non si può: il totale dei costi diretti della corruzione ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno (pari al 4% del Pil), nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è diminuito, rispetto all’anno precedente, in tutte le regioni italiane, nel 2013 hanno chiuso in media 54 imprese ogni giorno, a dicembre la percentuale dei senza lavoro era pari al 12,7%. Un disastro. Gli italiani, quindi, vogliono una classe politica che risolvi questa situazione. Indipendentemente dal nome del Premier.
UNO SBADIGLIO CHIAMATO LETTA - Sarà Enrico Letta a cambiare il destino del paese? Forse in un telefilm (quello in cui «l’Italia nel 2014 ha la crisi dietro le spalle», come ha dichiarato lo stesso Letta il 2 febbraio). Nella vita reale è pura fantasia. Da fine aprile ad oggi Letta ha cambiato nome all’Imu e ha fatto approvare un decreto che nel 2017 (un po’ più tardi no?) abolirà il finanziamento pubblico ai partiti. Nessuna traccia di tutte le cose promesse nel discorso del 29 aprile cioè la riduzione della pressione fiscale a partire dalle tasse sul lavoro, le nuove forme di reddito minimo per le famiglie con figli e quelle bisognose, lo stop all’inasprimento dell’Iva, la risoluzione del problema degli esodati, l’inizio di una seria lotta all’evasione fiscale.
IL PROGRAMMA – In questi giorni si parla di un possibile patto di coalizione. Curioso, dopo nove mesi dalla nascita dell’esecutivo, al presidente del Consiglio viene in mente che le varie forze politiche che sostengono il Governo dovrebbero scrivere insieme un programma. Che riflessi, questo Letta. Ma anche questa volta è tutta una finzione. Tutti sanno quali sono le cose che bisognerebbe fare per risollevare le sorti del paese: ridurre la spesa pubblica, ridurre la pressione fiscale dando la priorità alla riduzione delle imposte sul lavoro, semplificare il sistema tributario, riformare il sistema pensionistico, privatizzare le imprese pubbliche, liberalizzare i settori non concorrenziali, restituire interamente i crediti commerciali che le aziende hanno con l’amministrazione pubblica, semplificare il sistema burocratico delle imprese. E per quello che riguarda la giustizia: depenalizzare i reati minori, abrogare la ex Cirielli, digitalizzare le procure e i tribunali, abrogare l’articolo 597 comma 3 del Codice di Procedura Penale che prevede l’impossibilità di aumentare la pena in appello quando l’appellante è il solo imputato. Se fino ad oggi queste cose non sono state fatte, è perché non c’è mai stata la volontà politica.
DA FIRENZE CON FURORE - Queste cose può farle il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi? Non si può escludere. Ad onor del vero, il sindaco di Firenze sembra avere una vena liberale che nessun altro esponente del Partito Democratico ha mai avuto. Per la prima volta, in Italia il leader di una forza di centrosinistra si tiene a distanza dai sindacati. Ma non sono tutte rose e fiori. Ammesso e non concesso che Renzi abbia veramente le capacità per far uscire l’Italia dalla crisi, con questo Parlamento non andrebbe da nessuna parte. Gli stessi parlamentari del Pd non sono giocatori della sua squadra, ma di quella di Bersani, motivo per cui Renzi non può essere certo della loro fedeltà. I 5 stelle non lo sopportano, e da Sel non è certo amato. Insomma, il passaggio delle urne è necessario.
BISOGNA FARE - Renzi o non Renzi, la questione, in generale, è un’altra e ben più importante. Un paese in grande difficoltà come l’Italia può uscire dalla crisi solo con un governo politico forte, indipendentemente dal suo colore politico. Le larghe intese non servono a nulla, perché si basano sul compromesso continuo fra forze politiche che hanno ricette economiche diverse. Possono produrre, quindi, solo un Governo debolissimo. In Spagna, dopo le dimissioni di Zapatero, non si sono inventati le larghe intese, ma sono andati a votare. E il Governo Rajoy è criticabile, ma almeno può governare senza stare sempre a trattare fra i vari partiti che lo sostengono. Qui però c’è un problema. L’attuale Presidente della Repubblica conosce solo una soluzione ai problemi dell’Italia: le larghe intese. Motivo per cui c’è da temere che finché Napolitano sarà l’inquilino del Quirinale, gli italiani continueranno a non avere una politica che gli risolva i problemi.
Giacomo Cangi
@GiacomoCangi
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