
Consulta e Cosentino salvano Monti ma la politica è sempre la stessa
Roma – I due fatti della giornata: La Consulta ha bocciato i due quesiti referendari sull’abrogazione della legge elettorale “Porcellum”. La legge è costituzionale. Si offre, quindi, ai partiti la possibilità di intervenire sul codice elettorale con modifiche parlamentari dirette seguendo l’indicazione di migliorie già suggerita dalla stessa Corte nel 2008 ma, all’epoca, ignorata. La decisione della magistratura ha scatenato le furie del leader IDV, Antonio Di Pietro, principale promotore del referendum abrogativo da 1 milione 200 mila firme, il quale ha definito la sentenza una ‹‹deriva antidemocratica. Manca solo l’olio di ricino. È una decisione politica per fare un piacere al capo dello Stato››.
Secondo avvenimento. Il Parlamento ha votato “no” all’arresto di Nicola Cosentino, il deputato pidiellino accusato di collusione camorristica e oggetto di una richiesta di custodia cautelare da parte della Procura di Napoli: 309 no, 298 sì. Determinanti i voti dei Radicali e di quell’ala leghista più vicina al leader Umberto Bossi, il quale ieri – dopo un incontro con l’ex alleato Silvio Berlusconi contrario all’arresto del proprio parlamentare – ha lasciato al Carroccio libertà di voto.
Ora, qualsiasi cosa si pensi dei due fatti in sé, nella sostanza, una cosa è certa: sono profondamente correlati. Così tanto che qualche riflessione è d’obbligo.
Primo – Tonino ha ragione. E già di per sé questa è una notizia da prima pagina. Anche il giustizialista per eccellenza, ex antiberlusconiano d’antan si è finalmente accorto che la magistratura è politicizzata. Evviva.
Secondo – I due episodi fanno tirare un sospiro di sollievo all’Esecutivo Monti già in affanno. Il perché è intuibile: far passare i quesiti, con o senza ritorno al Mattarellum, avrebbe di fatto reso più possibile, e dunque probabile, il voto anticipato con una nuova (o vecchia, fate voi) legge elettorale. L’arresto di Cosentino avrebbe dato il colpo di grazia. Il Pdl, partito di maggioranza relativa, si sarebbe irrigidito sulle proprie posizioni vanificando la collaborazione con Monti. Il tutto a scapito del Governo e dei suoi sforzi per adempiere alla fase 2 ovvero le liberalizzazioni e la riforma del mercato del Lavoro. Roba sgradita a molti deputati impensieriti dal deficit di consensi elettorali e invisa a categorie e lobbies che quei consensi regalano.
Terzo – Berlusconi è vivo e vitale. Lo ha dimostrato convincendo il Senatùr a ritirare il voto leghista contro Cosentino e, ufficiosamente, rinsaldando un’allenza che è tutt’altro che terminata. Lo scambio è possibile intuirlo: il ruolo della Lega nella dialettica sulla legge elettorale e il futuro dei due partiti che, storia vuole, quando si son divisi hanno sempre perso. Per sapere i dettagli occorrerà attendere.
Quarto– Gira e rigira annaspiamo sempre nella stessa fuffa. La politica italiana è incatenata a vecchi modelli, asfittiche disquisizioni, ammuffite controversie: Porcellum sì invece che no; la magistratura che non funziona e, qualche volta, neppure ragiona; l’arresto del parlamentare di turno che
ieri si chiamava Tedesco, poi Milanese e Papa e oggi fa Cosentino; le indennità che guai a chi me le tocca. Non ci siamo. E credere che tutti questi fiacchi dimenamenti non influiscano anche sulle prospettive finanziarie di un Italia in piena recessione e con l’aggravante di essere l’ultima linea di confine che separa dal fallimento europeo, è da stupidi oltre che folli.
Che il Governo Monti arrivi o meno al 2013 non ha molta importanza per chi deve investire in un paese in criticità permanente, con uno spread atteso a quota 700 e con l’agenzia di rating Fitch pronta ad declassare. Ciò che preme è sapere di collocare il proprio denaro in un’area dove la l’economia è, malgrado tutto, attiva perché lo è la classe politica, il cui ruolo non è di chiocciare sulla legge elettorale per favorire questo o quel gruppetto di colorati in Parlamento ma di regolare il tessuto sociale con provvedimenti che lo rendano coeso, moderno ed elastico. Si dica lo stesso anche per le misure liberalizzatrici del mercato del Lavoro, necessarie come l’acqua per un assetato.
Secondo occhio estero, attualmente, in Italia le uniche garanzie di stabilità economico-sociali sono rappresentate dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e dal premier Mario Monti. Dopo di loro il nulla di una classe dirigente che, questo il timore, appena potrà ricostituirà lo status quo dell’immobilismo autodistruttivo che ha connotato il 20ennio della Seconda Repubblica.
Questo è ciò che accade ed è importante sapere. Il resto è politica.
Chantal Cresta
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