
Confessioni di un junior editor: intervista a Marco Peano
Quattro chiacchiere in compagnia di Marco Peano, docente di scrittura narrativa, junior editor e molto altro ancora
di Nadia Galliano
CUNEO - Indice, prefazione, capitoli, epilogo… creare un libro non è certo un’arte scontata. Ma come nasce un libro? E cosa rappresenta la figura dell’editor?
La nostra redazione ha pensato di chiederlo ad un esperto del settore: Marco Peano.
Nato a Torino nel 1979, ha pubblicato alcuni racconti in antologie collettive e ha insegnato presso lo IED di Torino. Si occupa di narrativa italiana per la casa editrice Einaudi, e tiene laboratori di scrittura narrativa presso la Scuola Holden. Insieme a Giorgio Vasta è curatore di Esor-dire, una manifestazione dedicata alle scritture esordienti.
Con grande disponibilità ed entusiasmo, Marco Peano ha gentilmente accettato di sottoporsi al nostro simpatico «interrogatorio» letterario.
Innanzitutto, puoi spiegarci quali sono le mansioni di un editor?
L’editor è un lettore che, matita alla mano, discute con l’autore le possibili variazioni da apportare all’opera, facendo in modo che la narrazione (romanzo, raccolta di racconti) arrivi in libreria al massimo delle sue potenzialità. Questo obiettivo si raggiunge tramite un costante lavoro di «lima» sul testo, di piccoli aggiustamenti, di spostamenti, se necessario di tagli, ma anche invitando l’autore ad ampliare parti del testo non sufficientemente esplorate in fase di stesura. Si parla con l’autore, ci si confronta, si cercano di mettere in luce gli intenti e i risultati. Ovviamente – e ci mancherebbe – l’autore rimane sempre e comunque il detentore dell’ultima parola.
Perdonami, ma non si rischia così di falsare il testo? Mi spiego meglio: poniamo il caso che tu abbia tra le mani un mio romanzo, ne tagli metà, lo pubblichiamo ed ha successo. A questo punto, a chi va il merito del mio successo, a me o a te?
«Tagliare a metà» è un’espressione che mi fa rabbrividire, sembra una cosa più circense che editoriale… (dice divertito) Ti rispondo citandoti l’arcinoto caso di Raymond Carver, il cui editor Gordon Lish si era spinto in alcuni casi a eliminare l’80% del manoscritto originale (e nota bene: stiamo parlando di racconti brevi, non di romanzi). Ecco, molti hanno accusato Carver di non essere l’artefice del proprio successo, facendo del cosiddetto minimalismo un’operazione costruita a tavolino… Si tratta però di un caso estremo, l’editing dovrebbe basarsi sul dialogo con l’autore e soprattutto sulla discussione costruttiva: è questo il metodo di lavoro che ho seguito, per esempio, con Tullio Avoledo e Marcello Fois, due autori importanti con cui ho avuto il piacere (e l’onore) di collaborare.
Ma quali sono i criteri di scelta per la pubblicazione?
Ogni casa editrice ha una sua linea editoriale, quindi i criteri sono molteplici. C’è chi dà più spazio agli emergenti e chi invece si concentra maggiormente sugli autori di catalogo, oppure chi commissiona le opere direttamente agli autori (accade spesso nella saggistica, ad esempio). C’è poi chi privilegia l’aspetto letterario dell’opera, chi è attento alla lingua, alla trama, al potenziale commerciale o alle mode: sono tutti criteri validi, e penso che ciascuno di questi aspetti debba essere preso in considerazione. Antonio Franchini della Mondadori ha detto pressappoco che la caratteristica di un lavoro editoriale ben fatto è quella di anticipare le tendenze, non seguirle. Mi sembra un ottimo insegnamento.
Se io spedissi un mio romanzo ad una casa editrice, il destino del mio libro dipenderebbe da un solo ed unico «pollice verso»?
Lo stesso romanzo di prima, di cui dovrei tagliarne metà? (Sorride). No, certo che no. Si segue un iter preciso per la valutazione di un’opera: il materiale che arriva in una casa editrice di solito viene letto dai cosiddetti lettori, i quali compilano una scheda di valutazione che, successivamente, passerà nelle mani dell’editor. Ma possono anche arrivare segnalazioni direttamente agli editor, tramite agenti, attraverso il consiglio di autori che hanno già pubblicato, o anche da semplici conoscenti. Può succedere che ci siano pareri discordanti sullo stesso testo, e allora si discute, ci si confronta… è un lavoro di gruppo, ed è molto stimolante.
Hai parlato di lettori. Chi sono?
Persone con un solo requisito fondamentale: quello di essere forti lettori, di essere dei curiosi. Io stesso sono stato un lettore (e in un certo senso continuo a esserlo): ho sempre avuto una grande passione per la narrativa; poi, dopo aver frequentato il master presso la Scuola Holden di Torino, ho fatto per molti anni il lettore all’Einaudi. Sono convinto che la passione per le storie sia imprescindibile: rimango sorpreso quando scopro che molte persone che vogliono lavorare nell’editoria, o che vogliono scrivere, non leggono… È un paradosso, se ci pensi.
Però si dice che gli italiani scrivano molto.
Guarda, si dice anche che tutti abbiano un romanzo nel cassetto: io invece sono convinto che ogni italiano ne abbia almeno quattro o cinque! Scherzi a parte: per fortuna, anche perché il mio lavoro si basa proprio su questo…
Quindi potremmo affermare che le «entrate» non mancano. Visto che ormai va di moda parlare di crisi, come procedono le «uscite»? Nel senso: le case editrici sono in crisi, come l’editoria giornalistica, oppure navigano ancora in buone acque?
Ci sarà anche la crisi, ma i libri di narrativa pubblicati ogni mese (se sommiamo le novità proposte da case editrici grandi e piccole, note e meno note) sono ancora moltissimi. La vera differenza rispetto al passato è che, se un libro non ha un veloce riscontro positivo sul mercato, sparisce molto in fretta dagli scaffali delle librerie (se prima ce l’ha fatta a guadagnarsi uno spazio, ovvio). Ora però con gli e-book potrebbe succedere un’interessante rivoluzione… Ehm, per caso ti ho bruciato una domanda sull’argomento?
No, ma mi interessa. Parliamone…
Gli e-book, ovvero le versioni digitali di una qualsiasi pubblicazione, per alcuni editori sembrano uno spauracchio, per altri la manna dal cielo, per altri ancora un terreno vergine tutto da scoprire. Però se ci pensi il manoscritto è sopravvissuto a lungo a fianco del dattiloscritto, no? Sull’argomento trovo emblematica la frase di Giulio Mozzi, scrittore e talent scout fra i più lucidi in circolazione, che ha detto più o meno: «finché non si creerà un supporto resistente alla sabbia, al sale e alla crema solare, gli e-book resteranno un passo indietro rispetto ai libri di carta». Stiamo a vedere…
Tornando a una tua precedente affermazione, hai detto che alcune case editrici preferiscono puntare sugli autori di «catalogo». Quindi, se volessi spedire a un editore quel mio famoso romanzo, come dovrei fare?
Chi decide di spedire un romanzo a una casa editrice, dovrebbe come prima cosa sapere a chi sta mandando il testo. Non è consigliabile fare una spedizione «a pioggia», è preferibile prima ragionare sugli editori che potrebbero davvero essere interessati a quel particolare romanzo. Basta conoscere un po’ la linea editoriale, e così torniamo a quello che dicevo prima: per avere le idee un po’ più chiare, è sufficiente aver letto qualche libro pubblicato da quell’editore. Poi magari va male lo stesso, eh…
Quindi quali sono i tuoi consigli per i giovani scrittori emergenti?
È indispensabile rileggere più volte il proprio romanzo, riscriverlo se necessario, lasciarlo «decantare» un po’, riprenderlo in mano e magari provare a farlo leggere a qualcuno del cui giudizio ci si fida. Sempre meglio scegliere persone che non siano né parenti né amici troppo stretti; è preferibile qualcuno di più… defilato. Poi bisogna chiedersi: «Sono riuscito a esprimere quel che volevo? Volevo raccontare proprio questa storia in questo modo?» E ancora: «Per quale motivo qualcuno dovrebbe leggere la mia storia?» Questo è un punto fondamentale.
Ma, secondo te, serve solamente il talento per potercela fare?
Anche la determinazione: è la forza motrice per la realizzazione di qualunque progetto. Ma un po’ di fortuna non guasta.
E tu, credi di aver talento?
Più che altro lo spero. Guarda, ogni volta che un autore chiede di lavorare nuovamente con me, provo la più grande delle soddisfazioni: perché capisco di aver fatto bene il mio lavoro.
A proposito di lavoro, quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Ho appena preso parte ai «Luoghi delle parole», una manifestazione che coinvolge una serie di comuni in provincia di Torino. E in questo periodo sto lavorando alla prossima edizione di «Esor-dire», che si svolgerà a novembre proprio qui a Cuneo, all’interno di «scrittorincittà».
Non insisto ulteriormente e ti informo che sei libero: l’intervista è finita. Ti ringrazio molto per la tua disponibilità.
Grazie a te, davvero.
… Ovviamente, per il mio romanzo, ne riparliamo dopo?
(Sorride, sapendo che non ho alcun manoscritto nel cassetto). Sospettavo che avessi organizzato quest’intervista solamente per incastrarmi…
Ridiamo insieme, mentre ci stringiamo la mano e ci salutiamo. E si conclude così la nostra piacevole chiacchierata con Marco Peano.
A nome della redazione, lo ringraziamo per la sua gentile disponibilità e per la simpatia.
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