
Cervello. La comunicazione diretta tra menti è già una realtà
Barcellona – La tecnologia interattiva accelera la rapidità degli scambi comunicativi, lavorativi, interpersonali. Questo si sapeva. Ma se si potesse fare ancora prima? Se fosse possibile connettersi alla Rete, non con pc e smartphone ma solo con la forza del pensiero? Fantascienza? Eppure sta già accadendo. O meglio, potrebbe accadere presto.
COMUNICAZIONE MIND-TO-MIND – Nel frattempo Rose Eveleth, per Bbc news, racconta le ultime scoperte nell’ambito delle telecomunicazioni abbinate alle nanotecnologie e alle neuroscienze, aprendo a degli scenari in via di sviluppo del tutto impensabili. Si comincia dalla ragione delle ricerche: sveltire le procedure comunicative affinché l’interattività sia trasmessa attraverso metodologie che più che relazionare strumenti via Wi-Fi, relazionino i cervelli ponendoli su un piano di connettività più profondo. L’effetto principale sarebbe una comunicazione non più solo immediata ma istantanea, effettuata in pochi secondi e con pochi accorgimenti.
Fin qui gli scopi. Poi arriva la pratica la quale è molto più semplice – dicono dal CEO di Starlab a Barcellona, coinvolto nella ricerca - di quanto la retorica giornalistica non tenda a rappresentare. Spiega Giulio Ruffini, uno dei ricercatori impegnati nel progetto ‘cervello-a-cervello‘: non si tratta di lettura della mente o veggenza tecnologica, ma solo di connessioni interattive cerebrali.
L’ESPERIMENTO – Continua Ruffini: il team di studio ha preso in esame un paio di cervelli. Uno apparteneva ad un uomo nel Kerala (India); l’altro era di proprietà di un individuo di Strasburgo (Francia). Il primo è stato munito di elettrodi collegati ad un cervello-computer dotato di interfaccia. Il macchinario era capace di registrare le onde cerebrali captate attraverso il cuoio capelluto. Il secondo, invece, era provvisto di un robot TMS in grado di fornire impulsi elettrici al cervello di una certa intensità ma brevi.
Così attrezzati, i due cervelli sono passati al test di comunicazione. In Kerala è stato chiesto al cervello di immaginare di muovere i piedi, fornendo al computer collegato la registrazione del valore zero. Poi le mani, fornendo alla macchina una registrazione di valore uno.
A Strasburgo, il cervello munito di robot coglie la differenza del pensiero grazie ad un impulso luminoso: se in Kerala si pensa di spostare le mani, il ricevitore europeo vede la luce; se si pensa ai piedi, il ricevitore non riceve alcun impulso.
COMUNICARE CON PAROLE NUOVE – Zero e uno, impulso luminoso e assenza di impulso, sono già codici noti all’informatica classica. Ora, posto che la comunicazione è possibile, la sfida è organizzare un sistema di codici e impulsi noto a mittente e ricevente attraverso cui poter scambiare messaggi istantaneamente. A tal fine il CEO di Barcellona ha già fatto passi avanti creando la serie impulso-numerica di ‘hola’ e ‘ciao’.
QUANTO FUNZIONA? – Ovviamente le complicazioni non mancano. Per esempio, dicono dal team di ricerca, il mittente deve concentrarsi in modo assoluto e anche così non è detto che la comunicazione vada a buon fine. E’ difficile tenere la mente fissa sull’immagine del movimento degli arti. La mente vaga, varia, il cervello capta, sente, gusta, odora, ragiona, ricorda e così si distrae. Deleterio per il lavoro di ricerca perché ogni attività cerebrale alternativa offusca il messaggio da inviare, dalché mittente e ricevente devono essere ben informati sul loro ruolo e sul metodo di decodificazione.
Inoltre, la comunicazione cervello-a-cervello non è poi così veloce. Attualmente la trasmissione è pari a due bit al minuto (zero e uno). Finché si tratta di mani e piedi è un conto, ma se il messaggio diventa più articolato la trasmissione si allunga esponenzialmente.
Così Ruffini chiarisce: «Si può osservare questo esperimento in due modi. Da una parte è una questione abbastanza tecnica per addetti ai lavori; dall’altra è la prima esperienza mai fatta in questo campo, quindi è stato un po’ un momento storico».
UNA CHIMERA? – Ruffini è entusiasta, ma il dibattito intorno a queste metodologie comunicative è alquanto acceso. Ricorda la Bbc che l’anno scorso un team di Harvard era riuscito a collegare il cervello di un individuo a quello di un topo. Il risultato era stato che l’uomo aveva fatto contrarre la coda del topo con il pensiero. Ancora nel 2014, un gruppo dell’Università di Washington aveva creato un’interfaccia cervello-a-cervello tra due persone. Il mittente, ‘connesso’ alla corteccia cerebrale del ricevente, aveva fatto muovere la mano di quest’ultimo.
Sicché alcuni ritengono che il lavoro del Ceo spagnolo non sia una scoperta ma piuttosto una bravata. Roba nota insomma. E’ pur vero, però, che nessuno aveva mai spinto il lavoro nel campo della comunicazione al fine di produrre concetti verbali interattivi istantanei. Ma non è tutto qui. Ruffini ha ambizioni più alte: studia affinché un giorno tutti possano trasmettersi sentimenti ed emozioni, sensazioni e pensieri solo con l’attività del pensiero. Così si potrà «essere in grado di sentire realmente quello che gli altri sentono, (questo) farà la differenza». Al punto che - ne è sicuro Ruffini – sarà possibile applicare la metodologia anche al mondo degli animali per capirli e percepire i loro sentimenti.
Idealistico? Può darsi, senza contare che nell’universo del Web, la violabilità dei dati è questione delicata, seria e l’allerta è sempre massima. Figurarsi la violazione di informazioni sensibili come pensieri reconditi e sentimenti profondi.
Chantal Cresta
Foto || curiositàeperché.it