
Bryant-Bologna, un matrimonio che s’ha da fare?
«Al 95% Kobe Bryant sarà un giocatore della Virtus Bologna almeno per qualche mese». Queste le parole del patron Sabatini, dopo una lunga notte di trattative che ha fissato l’ingaggio del pluridecorato numero 24 a 3.3 milioni di euro con ancora in ballo eventuali benefit.
Reazioni contrastanti dal mondo delle tifoserie e anche tra gli stessi addetti ai lavori: se per molti vedere Bryant nel campionato italiano rappresenta la possibilità di realizzare un sogno (basti pensare alla lotta per gli autografi nell’ultimo giorno e all’esaltazione collettiva scatenata), per altri l’esborso economico da sostenere per un prodotto non del nostro basket suona quasi come un insulto, in un periodo in cui la Serie A è passata a 17 squadre dopo l’abominio della wild card con annessi ricorsi e dopo il fallimentare campionato europeo.
C’è anche chi parla di campionato falsato, vista la concreta possibilità che Bryant faccia solo una parte del campionato lasciando la squadra in corso d’opera.
A tal proposito, pesanti sono state le parole di Daniel Hackett, critico verso la scelta di Bryant, un mito che si abbassa a scendere tra i normali per puri motivi di portafogli. Vera o falsa che sia l’affermazione del play pesarese, è fuori di ogni dubbio che un movimento in crisi come quello del basket azzurro abbia bisogno della risonanza mediatica e dell’entusiasmo che scatenerebbe l’arrivo di una stella di questo calibro.
Riavvicinare sostenitori e opinione pubblica al mondo della palla a spicchi potrebbe avere effetti positivi anche dopo la futura partenza di Bryant, sperando che l’atteggiamento e le motivazioni del campione siano sempre quelle che gli hanno fruttato titoli NBA e riconoscimenti individuali a ripetizione.
Andrea Samele