Book of Shadows II: il lato acustico di Zakk Wylde

Zakk-Wylde loudwire com book of shadows ii

Zakk Wylde (loudwire.com)

Era il 1996. Zakk Wylde, già talentuoso chitarrista di Ozzy Osbourne, era reduce dall’(immeritato) fallimento dei suoi Pride & Glory, schiacciati dall’invasione grunge nonostante un sound accattivante e molto promettente. I Black Label Society dovevano ancora essere fondati, e Zakk diede alle stampe Book of Shadows, un disco lontano dalle schitarrate iperdistorte e dagli assoli al fulmicotone ai quali aveva abituato. Si trattava infatti di un album quasi completamente composto da dolcissime ballate acustiche dal retrogusto southern e bluesy, testimonianza di un’assoluta padronanza chitarristica del biondo musicista, nonché della sua innata bravura come cantante e songwriter. La fondazione, due anni dopo, e il conseguente successo dei Black Label Society ha fatto in modo che Book of Shadows non avesse mai un seguito, nonostante le gemme che lo compongono siano entrate nel cuore dei fan, che lo hanno elevato a disco di culto.

BOOK OF SHADOWS II – A vent’anni di distanza Zakk Wylde è tornato in studio per registrare il tanto acclamato seguito di Book of Shadows, intitolato, con molta semplicità, Book of Shadows II, quasi a voler sottolineare la continuità con quel disco ormai datato ma musicalmente sempreverde. E fin dai primi ascolti si può notare chiaramente la continuità tematica e musicale con il predecessore: ballate acustiche malinconiche, nelle quali Zakk Wylde dimostra per l’ennesima volta le sue capacità tecniche anche in assenza di distorsione. Autumn Changes, dagli iniziali echi quasi Pearl Jam-iani, rappresenta un apertura delicata dal gusto nostalgico. Un discorso proseguito anche da Tears of December, un’altra gemma che non potrà che accontentare i fan del biondo chitarrista. Questo secondo album solista scivola via leggero e inteso, per tutta la sua durata. Nella tracklist spiccano, come giusto che sia, alcuni brani meglio riusciti: il mood da autoradio in una calda giornata estiva proprio di Lost Prayer, il giro incalzante di accordi della struggente Useless Apologies, la malinconica Darkest Hour, la sofferta dolceamara Yesterday’s Tears che colpisce nel segno con la sua intensità.

Zakk-Wylde-Book-of-Shadows-II loudwire com

La copertina di “Book of Shadows II”

GRANDE MUSICA – Ma il discorso vale anche per la freschezza southern dal tocco soul di Harbors of Pity, per la sognante The Levee, e per tutti gli altri brani che compongono questo splendido Book of Shadows II, un disco che si mantiene su livelli altissimi per tutta la sua durata. Forse l’unica pecca, se proprio non si riesce a non essere critici, è rappresentata dall’assenza di un tocco di elettricità in più – presente solo in alcuni intensi assoli – e dalla mancanza di un paio di brani dal ritmo un po’ più sostenuto. Ad ogni modo Zakk Wylde ha sfornato un disco di grande musica, che sicuramente entrerà nel cuore di tutti i suoi fan, i quali aspettavano con trepidazione da ben vent’anni un seguito del bellissimo Book of Shadows, e che sicuramente non si faranno sfuggire l’occasione di vederlo dal vivo il prossimo 9 giugno a Milano: un’occasione unica per poter assaporare live le perle acustiche di Zakk Wylde, ingiustamente passate in secondo piano rispetto alla sua carriera (peraltro assolutamente brillante) al fianco del “Madman” Ozzy Osbourne prima, e con i Black Label Society poi, band diventata con gli anni una delle più floride e importanti realtà del panorama heavy mondiale.

Voto: 8,5

Alberto Staiz

@AlStaiz

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